Gennaio 2012: «La Puglia non è un binario morto. Ridateci i treni». Ottobre 2024: binario morto, un guasto a Roma, il sistema ferroviario si blocca, il Mezzogiorno resta isolato. Non è cambiato niente, vale sempre quanto scritto da Tomasi di Lampedusa, ma questa volta i meridionali sono le vittime, non i gattopardi («Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi»). Nel Sud vorremmo tanto cambiare, migliorare, sono altri che ci costringono a continuare a vivere i problemi di sempre e non sempre questi «altri» parlano soltanto lumbard. I Governi nazionali degli ultimi decenni sono stati composti da politici e tecnici di ogni provenienza regionale e tutti hanno trascurato il Meridione, tradendo le attese della sua gente di vedere risolto il divario socio-lavorativo-economico con il Centro-Nord, il gap più che secolare che ci affligge dall'Unità d'Italia.
Quello riportato in avvio tra virgolette è lo slogan della battaglia avviata oltre dodici anni fa dalla «Gazzetta del Mezzogiorno». Un appello-rivendicazione-sfida lanciato alla politica e al management delle Ferrovie, fatto proprio dal Consiglio regionale della Puglia, che affiancò la campagna civile del quotidiano con determinazione e in modo nobilmente unitario, con il contributo di tutte le forze politiche in Aula, va riconosciuto.
Dalla sede della massima Assemblea rappresentativa pugliese - allora nel palazzo di via Capruzzi a Bari, proprio alle spalle della stazione centrale - campeggiarono per tantissimi mesi due grandi striscioni, 6 metri per 3, che riprendevano la protesta della «Gazzetta». Recavano scritto: «Vogliamo anche al Sud treni più veloci», analoghi a quello esposto dalla Presidenza della Regione, nell'edificio sul lungomare. Aderivano tanti in Puglia: forze politiche, sindacati, organizzazioni professionali, la società civile, molte associazioni.
Bene, anzi, male, perchè oggi è sconfortante constatare che il Sud e la Puglia sono ancora lontani, dimenticati, avviliti da collegamenti, orari, materiali rotabili che in parte restano quelli del Novecento.
Quando poi non ci si mette anche l'errore. Un cavo elettrico intaccato, due centrali operative in avaria nelle stazioni strategiche di Roma e l'Italia viene tagliata in due, il Paese spaccato a metà, con l'aggravante che sui binari viaggiava già a due velocità. Nel Sud lo scartamento littorio, nel Centro Nord la modernizzazione con l'alta velocità, che la Puglia, a quanto pare, non otterrà mai. Solo un sospetto? Una certezza purtroppo, certificata, come ha messo in chiaro sempre la «Gazzetta», dall’amministratore delegato di Trenitalia, Luigi Corradi. La nuova ferrovia Napoli-Bari «non sarà ad alta velocità», la conformazione del territorio appenninico non la rende possibile. Dichiarazione che non lascia dubbi. Certo, la tratta sarà rimodernata, oggetto di lavori importanti, resa integralmente a doppio binario, con meno curve, ma per la prima paletta verde dovremo attendere il 2028, se non il 2030 e solo per vederla percorsa da convogli ad alta capacità ferroviaria. Infatti, si può parlare di alta velocità se i treni superano i 250 km all'ora, ma dalla napoletana piazza Garibaldi alla barese piazza Moro i treni toccheranno i 250 soltanto nel percorso in piano sul lato adriatico.
Cosi, l’alta velocità ferroviaria, nel Mezzogiorno, si fermerà ad Eboli o poco oltre, limitata al Tirreno, parola del Ceo Trenitalia. Davvero gli ostacoli orografici sono insuperabili? Solo nell'Appennino meridionale, non in quello tosco-emiliano. A pensar male... Per le opere pubbliche nel Settentrione non si lesinano sforzi e risorse, tutti i limiti vengono superati, i lavori procedono con ogni urgenza e sollecitudine (il Ponte Morandi a Genova, il Mose a Venezia e non solo). È quando i cantieri sono nel Sud che le cose vanno a rilento. Sfortuna? L'accanirsi di un destino cinico e baro? Niente affatto, ben altro, che non è un concetto astratto, ha nomi e cognomi, tanti e da tanto tempo.
Adesso ci si mettono pure i chiodi nei cavi e binario morto è diventato il Mezzogiorno intero, abbandonato a ritardi su ritardi. Ma noi non siamo figli di nessuno, come non lo sono i nostri conterranei pendolari, condannati quotidianamente a contrattempi, accidenti, cancellazioni, affollamenti. Disagi impossibili da sopportare, eppure li sopportano, per lavoro, per studio o per altri legittimi motivi. Non è più pendolarismo, sono avventure da Camel Trophy di una volta, tutti i santi giorni. E forse era perfino più agevole di un Regionale per Bari, lento, stipato di passeggeri, inosservante degli orari, tanto che per gli utenti è diventato normale per quanto ingiusto anticipare la corsa, l'unico modo di ricavare un margine di tempo per raggiungere la destinazione da casa, sapendo che al ritorno si dovrà riaffrontare il cimento, dalla destinazione a casa.
Premier, ministri, Corradi: ricordate che la Puglia e il Sud non sono una colonia, ma parte integrante del Paese, che va dotata di servizi all’altezza delle esigenze. I pugliesi e i meridionali hanno come tutti il diritto a viaggiare in orari ragionevoli, in condizioni civili, su treni confortevoli e puliti, con i bagni in ordine e l'aria condizionata funzionante in ogni stagione.
Va aggiunto inoltre, che trasporti ferroviari moderni sono indispensabili in considerazione dello sforzo della Regione teso alla crescita della Puglia turistica, brand di successo nel mercato internazionale. Il sistema ferroviario deve aiutarci a trasportare i vacanzieri di fascia media, le famiglie, gli anziani, che hanno il diritto di contare su collegamenti all’altezza dei tempi. Non possiamo offrire percorsi lenti, orari scomodi, treni sgangherati, sporchi, affollati, maltenuti. E non si può credere che si voglia fermare cinicamente la civiltà ferroviaria a Bologna.
Cosa dobbiamo fare, nel Mezzogiorno, per ottenere treni moderni, veloci, che rispettino gli orari e corse merci per il rapido trasporto dei prodotti della nostra eccellente agricoltura verso i mercati del Nord e dell'Europa? Dobbiamo essere costretti a raccogliere le firme per indire un nuovo referendum?
Ho insistito e insisterò sempre con la protesta e la richiesta di considerazione e di investimenti, perché anche i muri sanno che collegamenti efficienti e rapidi aiutano a crescere, a produrre, a creare occupazione, a sviluppare territori determinanti - e affascinanti - del Bel Paese.