Fino ad ora l’attività legislativa del Governo Meloni si è caratterizzata per una intensa attività di commissariamento del Mezzogiorno con iniziative che hanno riguardato il Pnrr, l’Fsc, la Zes, i fondi di perequazione etc. E sullo sfondo di questa costante attività di marginalizzazione delle prerogative di programmazione e spesa del Sud, ha, inesorabilmente, preso spazio il disegno dell’Autonomia.
In maniera, che oserei definire inquietante, il Ministro Fitto si è via via ritagliato il ruolo di foglia di fico dell’Autonomia. Solo pochi giorni fa, nel corso dell’iniziativa di Bruno Vespa a Manduria, il Ministro non si è fatto sfuggire, per l’ennesima volta, l’occasione per dire male del Sud, per alimentare la retorica dell’incapacità di spendere le risorse destinate al Sud. E anche questa volta ha descritto una realtà non vera dando dei numeri falsi pur di dimostrare una tesi che costituisce il pane quotidiano degli autonomisti.
Fitto ha detto che sulla programmazione Fsc 2014-2020 la Puglia ha speso 600 milioni su 2,4 miliardi. Ora, basterebbe leggere i verbali, pubblici, del Comitato di Sorveglianza del Fsc (cui, peraltro, partecipa una rappresentanza del suo Ministero) per scoprire che non è così, che la spesa aggiornata al 31 dicembre 2022 era già pari a poco più di un miliardo, ossia quasi il doppio di quella dichiarata da Fitto. Ma il tema centrale sul quale occorre riflettere in realtà è un altro, ben più rilevante. Il Ministro continua a puntare il dito contro le Regioni tirando in ballo i livelli di spesa, quando tutti sanno - compreso il Ministro che lo ha dichiarato ufficialmente appena qualche settimana fa in relazione al Pnrr alla Camera - che i sistemi di monitoraggio non riescono a tenere il passo della spesa. Detto in parole povere, quei sistemi restituiscono una fotografia falsa della realtà, in ritardo e completamente sottodimensionata rispetto alla spesa effettiva raggiunta dalle Regioni. La domanda quindi sorge spontanea: perché, sebbene cosciente di questo stato delle cose, Fitto continua a farsi scudo dietro a questa giustificazione? Perché continua a rinfocolare la narrazione per cui promuovere investimenti nel Mezzogiorno è un fallimento in partenza? Lo capisce che così facendo fa solo gioco a chi, da un lato, si serve della storiella del «Sud arruffone» per pretendere la nascita della sua piccola patria e a quelli che, dall’altro, vogliono mettere le mani sulle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione? Peraltro, il Ministro sa perfettamente che le Regioni sono responsabili della spesa diretta di una parte davvero minima dei fondi che ricevono. Nella maggior parte dei casi, invece, i soggetti attuatori degli investimenti sono tutti gli altri soggetti pubblici e privati presenti a livello territoriale: Comuni, università, imprese, enti pubblici gestori dei rifiuti e dei trasporti, soggetti gestori delle risorse idriche, ecc… Eppure, malgrado tutti questi fatti oggettivi - e ben noti al Ministro - i bombardamenti non cessano e, guarda caso, prendono di mira solo e soltanto le Regioni del Mezzogiorno e mai le strutture ministeriali che, come è facilmente riscontrabile dai dati, pubblici anch’essi, spendono molto più lentamente.
E questo nonostante, o direi malgrado il Ministro, i dati che riguardano il Mezzogiorno e la Puglia in particolare, come spiegato solo poche ore fa da Svimez, sono incoraggianti e delineano scenari di fiducia in cui il ruolo della Puglia si staglia come vera e propria locomotiva.
E allora mi consento di dare un consiglio spassionato a lui e a questo Governo: invece che spianare i fucili contro il Sud Italia, mettano più impegno e risorse per risolvere gli annosi problemi che impediscono alle nostre amministrazioni di funzionare meglio. Due su tutti: l’assunzione di nuovo personale, soprattutto nei Comuni, visto che scontano un quindicennio di blocco al turn-over e divieti di reclutamento; e poi sciogliere i famosissimi nodi burocratici che rendono talvolta impossibile sbloccare e investire le risorse dei fondi strutturali. Questioni, queste, che sono unanimemente riconosciute come il collo di bottiglia delle amministrazioni pubbliche, soprattutto al Sud ma che, purtroppo, si fa ancora troppa fatica ad affrontare. Talvolta per indolenza, talvolta per interesse a promuovere politiche diverse. Quella patrocinata da Raffaele Fitto, ad esempio, è sempre più simile a un Commissariamento tout court da parte di Roma. Con l’aggravante di essere, spero non consapevolmente, l’humus culturale di cui si alimenta l’autonomismo fuori tempo massimo del Nord.