Da quando a vincere non sono i più forti, a scrivere la storia ci provano i più deboli. E chi sono i più deboli? Quelli che, di volta in volta, identifichiamo con i «meno garantiti», cioè i meno protetti sul piano della acquisizione e godimento di diritti. Ma anche quelli che, per paradossale che appaia, potremmo considerare i «più sguarniti», cioè i più inadeguati all'evoluzione della storia stessa.
Volete un esempio di «meno garantiti»? Pensiamo a quanto sta accadendo nella «terza guerra mondiale a pezzi», come chiama papa Francesco il conflitto mondiale in atto su più fronti, dove le vittime, militari e civili, soprattutto bambini, cadono sotto il fuoco incrociato dei contendenti. Nonostante il fervore delle diplomazie, l'indignazione dell'opinione pubblica, i tentativi di riportare la pace, è con il loro sangue copioso che si verga la storia.
E un esempio di «sguarniti»? Lasciamo lo scenario geopolitico per planare nelle lande di una periferia come l'Italia. Pensiamo a un fenomeno che si sta ripresentando in diverse occasioni: i rigurgiti di neofascismo spettacolare, nelle adunate inscenate da frange di simpatizzanti della destra, che alcuni big di partito minimizzano chiamandoli «cani sciolti» o «duecento imbecilli molto più utili alla sinistra», con metafore riduttive ma doppiamente dispregiative.
Le manifestazioni di Acca Larentia, nell'anniversario del delitto dei tre militanti del Fronte della gioventù, attingono a rituali consegnati e reiterati da un passato vicino che vogliamo non ripetere. Sono rappresentazioni di ideologie che le democrazie condannano aspramente, ma che offrono anche il destro per riflettere sulla fragilità del profilo degli attori. Questi non recidono il riferimento e il richiamo a un bagaglio di concezioni antiquate e antiumanitarie.
Gesti, immagini, slogan, raduni scaturiscono per queste frange da un immaginario che non genera nuove e innovative idee di governo e senso dello Stato, ma che continua ad alimentarsi guardando alle spalle con piglio nostalgico.
Per questo diciamo che la Storia oggi provano a scriverla anche i più sguarniti, come potremmo definire coloro che, in un mondo così complesso e tumultuoso, trovano ancora espressione rispondente, certezze e quasi ristoro e senso civile nel saluto romano a braccia tese o nel grido di «presente».
Molti s'interrogano se realmente sia configurabile il reato di apologia di fascismo o se, invece, non si tratti semplicemente di una commemorazione di deceduti. Altri s’indignano e si procede alle prime identificazioni. Ma non basta. I ricorrenti rigurgiti rituali devono far riflettere sulla sterilità di una immaginazione politica che non guarda avanti, sulla mancanza di idee dei protagonisti delle adunate, sulla povertà di modelli di riferimento, sul perpetuarsi di una doppiezza di fondo irrisolvibile: una destra di doppiopetto e manganello.