Sabato 06 Settembre 2025 | 20:30

Un nuovo modello di città contro la «diaspora» delle intelligenze pugliesi

 
Roberto Bellotti

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Roberto Bellotti

Un nuovo modello di città contro la «diaspora» delle intelligenze pugliesi

Il termine diaspora può apparire eccessivo, ma gli oltre 30mila laureati pugliesi andati in altre regioni italiane o all’estero, e non solo loro, meriterebbero un’attenzione maggiore

Mercoledì 10 Gennaio 2024, 14:15

Celebre e attuale è il pensiero che il politico francese Clemenceau espresse all’inizio del secolo scorso: «La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ai generali». Forse il termine diaspora può apparire eccessivo, ma gli oltre trentamila laureati pugliesi che negli ultimi dieci anni sono andati a vivere e lavorare in altre regioni italiane o all’estero e il numero ben maggiore di studenti pugliesi immatricolati in università non pugliesi meriterebbero un’attenzione maggiore. Per inciso, il numero degli studenti in ingresso da altre regioni è risibile.

Un primo punto su cui converrebbe mettersi d’accordo è se questi due fenomeni costituiscono un campanello d’allarme o, nel caso, una emergenza, per il nostro territorio. È uno dei casi in cui «i problemi più complessi hanno soluzioni semplici, facili da comprendere e sbagliate».

Analizzare questi problemi con la dovuta profondità vuol dire individuare cause ed effetti, cercando di comprendere cosa può essere migliorato, da chi, con quali strumenti e con quale orizzonte temporale.

Gli effetti: esportiamo intelligenze ed energie. È difficile immaginare un territorio in crescita ed attrattivo se la metà dei giovani studenti pugliesi lasciano i paesi dove sono nati e cresciuti. E, paradossalmente, le tante aziende multinazionali che si sono insediate in Puglia in questi anni, non riescono a reclutare personale qualificato, nei numeri che richiedono per completare gli organici e, soprattutto, per svolgere le attività di ricerca e sviluppo per cui, le stesse aziende, percepiscono ingenti finanziamenti a fondo perduto dalla stessa regione che esporta popolazione attiva già qualificata o che si formerà, attraverso il percorso di studi, in altre regioni. Non sono rari i casi, infatti, di giovani pugliesi laureati al Nord, che tornano a lavorare in Puglia, per aziende del Nord ma con centri di ricerca al Sud.

Se non fosse surreale, sarebbe quasi divertente: un infinito gioco dei quattro cantoni, dove si spostano, per ragioni ai più ignote, persone, aziende, risorse economiche, sempre con un bilancio netto a sfavore del Mezzogiorno.

Parafrasando Clemenceau: «Gli studenti sono una cosa (bene, risorsa) troppo seria per lasciarli alle università». Se lo studente non è un mero consumatore ma un cittadino prezioso e fondamentale per lo sviluppo dei territori, Bari città (anche) universitaria dovrebbe essere una priorità per l’intera cittadinanza. Naturalmente Brindisi, Taranto, Foggia e Lecce si trovano nella stessa situazione di Bari, o forse addirittura peggio. E in questo quadro: la disponibilità di alloggi e trasporti urbani ed extra-urbani a prezzi calmierati, le piste ciclabili e le sale studio sono i tasselli di un puzzle di cui non si riesce a riconoscere, nel 2023, l’immagine finale.

Sarebbe bello, mentre si sistemano nel puzzle i tasselli espressi e i tanti altri che sicuramente hanno ben presenti le studentesse e gli studenti pugliesi, provare a immaginare e poi costruire un nuovo modello di sviluppo per i nostri territori, ove la cultura e la conoscenza diventino centrali e trainanti rispetto alle tanti attività economiche, dal turismo alla manifattura. In questi giorni cominciano ad essere disponibili le nuove risorse economiche che la Regione Puglia riservate alle imprese, per progetti svolti in collaborazione con le Università e i centri di ricerca. Qualche idea creativa per ridurre il gioco dei quattro cantoni a cui si sottopongono gli studenti pugliesi sarebbe auspicabile, ma si potrebbe anche studiare bene cosa accade in città riconosciute come universitarie: Pisa, Padova o Torino, per dirne alcune.

Resta valido il motto «connect the dots», pronunciato nello storico discorso che Steve Jobs tenne presso la Stanford University: è quanto mai urgente e indispensabile, soprattutto a ridosso delle prossime scadenze elettorali cittadine e regionali, pensare tutti insieme - Università, Comune, Regione ed Imprese - ad una città attrattiva ed inclusiva per i cittadini tutti, compresi gli studenti.

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