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Quell’antico ribellismo diventato col tempo solo feroce violenza

Quell’antico ribellismo diventato col tempo solo feroce violenza

 
Enzo Verrengia

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Enzo Verrengia

Quell’antico ribellismo diventato col tempo solo feroce violenza

La vita della tabaccaia foggiana recisa a 72 anni da un coltello. Nella sua tabaccheria, luogo aggregativo e socializzante, ma da anni ormai, dappertutto, prima linea del rischio rapine, con le farmacie e i supermercati.

Martedì 29 Agosto 2023, 13:00

Foggia. La vita di Francesca Marasca recisa a 72 anni da un coltello. Nella sua tabaccheria, luogo aggregativo e socializzante, ma da anni ormai, dappertutto, prima linea del rischio rapine, con le farmacie e i supermercati. Ma s’impongono riflessioni sul territorio. È degli scorsi mesi l’ennesima irruzione in un’altra tabaccheria, a San Severo, dove uno degli aggressori scaglia un coltello con tale forza da farne infilzare la punta nella superficie metallica della macchinetta per la ricevitoria elettronica.

Non si tratta di criminalità organizzata, bensì di deriva comportamentale, che scaturisce da retaggi violenti, feroci, ribellisti. Di quel ribellismo che una figura straordinaria e irripetibile come quella di Giuseppe Di Vittorio aveva incanalato nelle legittime rivendicazioni del bracciantato sottoposto allo sfruttamento dei latifondisti. Poi tutto è andato mutando. Le finalità civili si sono smarrite nel blob di uno sviluppo economico imbizzarrito. Le nuove generazioni, immemori se non ignare delle giuste lotte di cui si erano fatti carico i padri e i nonni, hanno iniziato a rincorrere il consumismo e la voglia di soldi facili e immediati. È nata, sostanzialmente, la varietà del Tavoliere di quello che Karl Marx definisce Lumpenproletariat, letteralmente «proletariato straccione», da non confondersi con il destinatario del Manifesto del Partito Comunista. È una categoria sociale ai confini tra i personaggi dell’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht e la delinquenza vera e propria. L’epopea del Lumpenproletariat l’ha narrata mirabilmente Alfred Döblin nel suo capolavoro, Berlin Alexanderplatz, dove il pezzo da galera Franz Biberkopf, una volta scarcerato, ne combina di tutti i colori pur di trovare il proprio posto al sole nella migliore società berlinese.

Ebbene, le delinquenza che esplode oggi in Capitanata consiste in una replica mediterranea delle disfunzioni pervasive da società avanzata. Nel 2000 usciva il saggio di Franco Tatò Perché la Puglia non è la California. Il supermanager originario di Barletta, ora scomparso, sviscerava con lucida competenza di esperto in strutture economiche problemi che sfatavano l’allora incipiente mito della «Califoggia». Scriveva: «Ordine pubblico, infrastrutture fatiscenti, cantieri interminabili, una burocrazia che affligge, quando non soffoca, l’iniziativa imprenditoriale. Piaghe entrare nel codice genetico locale come una malattia cronica alla quale non si fa più caso».

In tutto il libro, Tatò faceva rilevare che la crescita cui si doveva puntare era quella del «rischio», delle occupazioni non fisse e stanziali, col vantaggio che alla minore sicurezza corrisponde la seria possibilità di arricchire e accedere a consumi di qualità, compreso il mercato dell’edilizia. Settore non a caso in pieno boom nelle regioni, tipo la California, dove il reddito è cresciuto in proporzione all’impatto della New Economy.

Una prospettiva su cui incombeva e incombe la cronaca più che nera, nerissima. Nel 1980 le campagne fra San Severo e Torremaggiore diventano il teatro di uno stupro di gruppo dai particolari agghiaccianti, orrendi, irriferibili. I colpevoli vengono presto catturati e «L’Unità» invia sul posto una corrispondente che scrive: «Qui si vendono più mangiadischi che libri».

Salendo di grado nella classifica dei moventi delittuosi, il 31 marzo 1995 viene ucciso a Foggia il Direttore dell’Ufficio del Registro, che aveva inviato alla Procura della Repubblica un esposto in cui denunciava una serie di truffe con l’obiettivo di affrettare l’iter di pratiche. La lunga coda dell’episodio si trascina ormai da quasi un trentennio.

L’era dell’arancia meccanica a queste latitudini si sovrappone anche all’ascesa della Quarta Mafia. Invece lo scenario è più ampio. Certo sud da parodia post-industriale dell’Occidente andava delineandosi ben prima che il paradigma della globalizzazione si manifestasse nella pienezza delle sue modalità. Fin dagli anni ‘60, nei quali la classe politica non si curò di sostenere il benessere con effettivi elementi di crescita e di progresso. Interessava solo la conta dei voti. Trascurando perfino il travaso della fuga a nord, visto che all’inizio non si cambiava la residenza e si tornava per le elezioni. Quando poi le comunità meridionali si consolidarono nelle metropoli padane, i consensi andarono all’opposizione organizzata nelle fabbriche, ma era poca cosa nella democrazia consociativa. Un modello economico insensato si esprima al peggio nel dissesto della legalità.

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