In occasione dei 120 anni dalla nascita di Pasquale Saraceno, il presidente della Repubblica ha ricordato questa figura eminente della storia d’Italia, «ideatore di politiche meridionaliste che hanno sostenuto la Repubblica e rafforzato l’unità degli italiani».
La vita di Saraceno attraversa la storia del Novecento, con una visione del Paese ancora molto attuale. Nato nel 1903 in provincia di Sondrio da genitori meridionali, si laurea in economia a Milano. Poco dopo prende avvio la sua carriera universitaria, che lo porta ad insegnare alla Cattolica nella città lombarda e poi a Ca’ Foscari a Venezia. Nello stesso periodo viene chiamato all’IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale, guidato da Alberto Beneduce e Donato Menichella. È una tappa fondamentale del suo percorso professionale e intellettuale. L’IRI controlla buona parte della siderurgia nazionale, della cantieristica, del settore elettrico e molto altro. I suoi dirigenti ragionano con uno sguardo d’insieme sul sistema economico italiano e in tale prospettiva appare evidente la necessità di industrializzare il Mezzogiorno.
Questa riflessione viene formulata mentre in ambito internazionale si diffondono nuovi paradigmi economici. Dopo la grave crisi economica iniziata nel 1929, negli anni Trenta e Quaranta si afferma l’idea di un ruolo dinamico dello Stato per superare gli squilibri economici e rispondere al grave problema della disoccupazione, sulla linea espressa da John Maynard Keynes. Anche per questo, al termine della guerra l’Italia sceglie un modello di economia «mista», in cui il libero mercato è affiancato dall’intervento pubblico. C’è bisogno di ricostruire il Paese dopo il conflitto, ma soprattutto si vuole colmare il notevole ritardo rispetto alle più avanzate economie europee. L’azione dello Stato può apportare un contributo decisivo.
Nel 1946 Saraceno è insieme a Menichella tra i fondatori della Svimez, associazione che nasce per elaborare proposte per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno. Diviene uno dei tecnici più autorevoli del Paese, coinvolto nell’elaborazione di politiche economiche e industriali strategiche. Si divide fra IRI e Svimez, mentre collabora con i maggiori esponenti della vita politica italiana, da De Gasperi a Moro. Al centro dell’azione di Saraceno c’è un obiettivo costante: la crescita dell’economia del Mezzogiorno. È convinto sia decisiva non solo per chi vi abita, ma per l’intero Paese. È un tema molto attuale. Oggi l’Unione Europea lavora per ridurre le disuguaglianze fra i territori, non solo per costruire maggiore equità ma perché la coesione favorisce la crescita.
Saraceno è convinto che per colmare la distanza fra Sud e Nord servano scelte impegnative, in particolare nelle politiche industriali. Occorre una diversa distribuzione degli investimenti, per favorire le aree più arretrate. Sono anni in cui la Cassa del Mezzogiorno gioca un ruolo decisivo nel Meridione, contribuisce a modernizzare l’agricoltura, migliorare le infrastrutture, favorire lo sviluppo dell’industria. I risultati sono apprezzati anche da un osservatore non sospettabile di simpatie per il Sud come Indro Montanelli, che ne scrive sul «Corriere della Sera».
Saraceno appartiene a quella categoria di economisti che mettono al centro il cambiamento della realtà senza rassegnarsi di fronte ai suoi limiti. È così anche sul tema del lavoro: ritiene che occorra compiere ogni sforzo possibile per offrire a tutti una occupazione stabile. In una lettera conservata nel suo archivio, Saraceno scrive a Gino Martinoli: «Davvero credi che ogni discorso civile non debba partire sempre da categorie come occupazione o disoccupazione e quindi piena occupazione? Io credo che se un solo uomo che vuol lavorare non trova occupazione ogni altro uomo che già lavora dovrebbe essere messo in crisi».
Già alla fine degli anni Settanta Saraceno intuisce che i rapporti fra Nord e Sud si vanno incrinando. Afferma in ogni sede che affrontare le specificità del Mezzogiorno è utile all’intera Italia. Nel 1986 sottolinea «il valore dell’unità economica, sociale e morale del Paese, sovraordinato ad ogni altro legittimo obiettivo o interesse di questa o quella componente particolare della comunità nazionale». Non è difficile immaginare quale sarebbe stata la sua riflessione nel dibattito odierno sull’autonomia differenziata.
Nell’ultima settimana sono stati molti a celebrare Pasquale Saraceno. Oltre al Quirinale lo ha fatto la Svimez, organizzando un convegno sulla sua figura, mentre il Ministero per le imprese e il Made in Italy e le Poste hanno emesso un francobollo per ricordarlo. Una giusta attenzione verso una personalità che ha fatto molto, non per il Sud ma per l’Italia intera.