Martedì 16 Dicembre 2025 | 17:42

La sfida del Mediterraneo nell’agenda geopolitica tra svolte, idee e sicurezza

La sfida del Mediterraneo nell’agenda geopolitica tra svolte, idee e sicurezza

 
La sfida del Mediterraneo nell’agenda geopolitica

La nuova Strategia di Sicurezza Nazionale americana lascia intravedere una stagione tutt’altro che semplice per i Paesi europei coinvolti, dunque, anche per l’Italia

Martedì 16 Dicembre 2025, 12:43

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La nuova Strategia di Sicurezza Nazionale americana lascia intravedere una stagione tutt’altro che semplice per i Paesi europei che affacciano sul Mediterraneo: dunque, anche per l’Italia. Le trenta pagine diffuse a inizio dicembre dalla Casa Bianca prefigurano una revisione così profonda delle relazioni transatlantiche che, non a caso, hanno fatto sobbalzare più d’una cancelleria europea. Washington propone un «corollario Trump» alla storica dottrina Monroe, per la quale gli Stati Uniti avrebbero dovuto occuparsi delle cose di casa propria prendendo distacco da ciò che avveniva altrove.

All’inizio dell’Ottocento, infatti, l’America metteva in guardia le altre potenze: niente ingerenze negli affari del Nuovo Mondo. Trump, in quello stesso solco, rivendica oggi il diritto di sfilarsi dalle partite oltreoceano, a partire dall’Europa.

Gli USA, però, non abbandoneranno l’Indo-Pacifico. Perché realisticamente, al netto delle aspirazioni, la geopolitica ha una logica che non perdona. La Cina resta il suo vero avversario: l’unico gigante che può contendergli il centro del palcoscenico. Il restante messaggio, però, è chiaro e inequivoco: in Europa la NATO non potrà più contare sul sostegno automatico e incondizionato di Washington.

Qui risiede per noi il punto critico: la svolta americana peserà soprattutto per il futuro del Mediterraneo. Del resto, la storia dell’Alleanza parla chiaro. Gli occhi della NATO sono sempre stati rivolti più a Est che a Sud. Durante la Guerra Fredda la missione era contenere i sovietici lungo la Cortina di Ferro. Ed è per questo che la posizione del nostro Paese nello scacchiere mondiale è del tutto cambiata dopo che Stalin e Tito ruppero e, allora, per l’Alleanza Occidentale divenne vitale tener conto delle esigenze del vicino Jugoslavo. Negli anni Novanta poi, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, la priorità divenne l’allargamento ai Paesi baltici e la pacificazione dei Balcani. Poi è arrivato Putin, con la sua politica di potenza - Georgia, Crimea, Ucraina - e il fronte è tornato a collocarsi a Est. Per questo - malgrado le Primavere arabe, il caos libico e le pressioni migratorie - il fianco Sud è degradato a dossier laterale. E ora che gli USA chiedono all’Europa di cavarsela da sola, questa frontiera rischia di restare del tutto sguarnita. Proprio nel momento in cui le minacce si moltiplicano: penetrazione russa in Libia, assertività turca, estremismi e ombre cinesi. Un mosaico che, ricomponendosi, evidenzia ogni giorno i contorni di figure più minacciose.

Per questo, è lecito domandarsi: se la NATO (a trazione americana o europea che sia) continuerà a concentrarsi lungo il corridoio che dal Baltico arriva al Mar Nero, chi proteggerà il Mediterraneo? Avremmo preferito non porci questa domanda. Ma di necessità bisogna saper far virtù, soprattutto quando è in gioco la sicurezza. Nelle torsioni del nuovo ordine mondiale può annidarsi un’occasione. C’è lo spazio per costruire un vero pilastro euro-mediterraneo, dove le nazioni del fianco Sud sappiano far squadra: Italia, Spagna, Grecia in prima linea, con Malta, Cipro e - questo è il nodo – inevitabilmente la Francia. Non più Sud dell’Europa, ma Europa del Sud. L’elenco delle priorità è lungo: sicurezza navale, energetica, sottomarina, digitale; politica comune verso Balcani, Nord Africa e Sahel. Ed ecco l’opportunità: l’Italia potrebbe esercitare, in tale prospettiva, una leadership discreta ma naturale. Il ruolo gli proviene dalla storia, dalla geografia, e anche da alcune scelte lungimiranti. Il Piano Mattei, ad esempio, può trasformarsi in un’ambizione europea. E, se questo accadesse, per il Mezzogiorno sarebbe la conferma di una nuova dimensione nella quale l’opportunità economica si coniuga con la necessità strategica.

È bene comprenderlo per tempo. La sfida oltrepassa persino l’orizzonte nazionale, perché l’alternativa è che quel mare diventi uno spazio conteso e insicuro nel mondo «deglobalizzato» che si annuncia.

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