I ritardi nella proclamazione di presidente ed eletti (con la giunta Stefani della Regione Veneto già al lavoro), il fantasma dei possibili o inevitabili ricorsi e lo spauracchio della legge Laricchia, che da un lato esclude la nomina dei trombati nella partecipate (ma non l’indicazione come assessori) e dall’altro rende più rovente la partita - davvero da Azzeccagarbugli - del rientro in Consiglio delle pattuglie di Avs e Avanti Popolari: le settimane post voto in Puglia si arricchiscono di variabili sempre più imprevedibili.
Ieri c’è stato un consulto tra i legali di Avs e i vendoliani (a partire dal segretario pugliese Mino Di Lernia) sulle possibili strategie per interpretare la legge regionale, e ogni passo si svolge in parallelo con le probabili istanze che verranno dalla lista di Gianni Stea. L’ex assessore al Personale della giunta di Michele Emiliano spiega alla Gazzetta: «Se nella proclamazione non ci saranno i nostri eletti, valuteremo l’eventualità del ricorso. Tutti i partiti nazionali - attacca il politico centrista - sono responsabili del caos: non hanno messo mano a una legge elettorale con tante lacune, una norma antidemocratica risalente ai tempi di Vendola, fatta per tutelare le piccole province, e che nei fatti penalizza la provincia di Bari, la più popolosa, che in questa tornata perde eletti rispetto a territori più piccoli».
Il leader dei Popolari chiede spazio nella prossima giunta: «Non siamo figli di N.N., e vogliamo un rappresentante nel nuovo esecutivo. Ripeto: non siamo figli di un Dio minore». E poi rilancia: «Il nostro impegno sul territorio, accanto alla gente che ci ha votato in tutte e sei le province, proseguirà: ci dedicheremo alla costruzione della “Casa riformista”»...
















