Lunedì 15 Dicembre 2025 | 21:24

Annullata l'interdittiva antimafia della coop San Giovanni di Dio. Il Tar: «Aveva interrotto i rapporti pericolosi»

Annullata l'interdittiva antimafia della coop San Giovanni di Dio. Il Tar: «Aveva interrotto i rapporti pericolosi»

 
Redazione online

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L'impresa foggiana che gestisce servizi sociosanitari in tutta la Puglia. I giudici: violati i termini del procedimento, non è dimostrato il rapporto con l'imprenditore D'Alba

Lunedì 15 Dicembre 2025, 18:04

Il Tar di Bari ha annullato l’interdittiva antimafia disposta a dicembre 2024 dalla prefettura di Foggia nei confronti della cooperativa San Giovanni di Dio, che gestisce quattro strutture di lungodegenza e riabilitazione tra le province di Bari e Brindisi e numerosi servizi sociosanitari per le Asl e i Comuni pugliesi, oltre che nelle Marche, Sardegna e Campania.

I giudici (Seconda sezione, estensore Cortellessa, presidente Palliggiano) hanno accolto il ricorso presentato dagli avvocati della coop foggiana, Francesco Follieri e Roberto Eustachio Sisto, dopo aver disposto (a marzo 2025) la sospensione del provvedimento. Nel frattempo (aprile 2025) il Tribunale di prevenzione aveva ammesso la San Giovanni di Dio al controllo giudiziario. L’interdittiva era scattata a seguito delle inchieste Decima Azione e Decima Azione bis nei confronti della mafia foggiana, e riguardava le società ritenute riconducibili all’imprenditore Michele D’Alba di Manfredonia, a giudizio a Bari con l’accusa di aver favorito i clan foggiani. In base alle risultanze di un inchiesta della Dda, D’Alba avrebbe «coperto» le richieste estorsive che gli erano state avanzate da esponenti della Società foggiana, parlandone agli inquirenti solo in termini generici e comunque negando gli incontri con gli esponenti del clan. L’amministratore della San Giovanni di Dio al momento dell’interdittiva era il genero di D’Alba, che sarebbe stato anche lui – secondo la Dda - tra i destinatari delle richieste estorsive della mafia foggiana.

Il Tar ha tuttavia osservato che la Prefettura di Foggia ha avviato l’istruttoria a marzo 2023, ha proceduto ad ascoltare i responsabili della coop a settembre 2023, ma ha poi riaperto la fase di «indagine, verifica e acertamento», arrivando a disporre l’interdittiva «a distanza di oltre un anno dall’audizione»: la misura – fanno notare i giudici – è stata adottata « sulla base di elementi non oggetto dell’iniziale (e a questo punto formale) momento di interlocuzione», in violazione del principio generale di partecipazione dell’interessato. La Prefettura – è detto in sentenza - « non può adottare l’interdittiva a distanza di un considerevole lasso di tempo (in questo caso oltre un anno), omettendo di coinvolgere (nuovamente) la società interessata e ciò facendo senza fornire alcuna (o adeguata) motivazione in merito».

Anche nel merito della «contiguità compiacente» ai clan contestata alla coop, i giudici osservano che non si può ritenere riconducibile la San Giovanni di Dio all’imprenditore Michele D’Alba, con il quale i rapporti hanno avuto una «cesura netta» tra il 2020 e il 2021. «Quand’anche vi fosse stato un condizionamento – scrivono i giudici -, esso sarebbe comunque da collocare temporalmente a diversi anni di distanza dall’adozione della misura interdittiva, con tutte le ovvie conseguenze in termini di (assenza di) attualità e concretezza del pericolo di infiltrazione» mafiosa. Dall’annullamento dell’interdittiva deriva anche quello del controllo giudiziario, misura meno pesante della prima che consente all’impresa di operare in maniera quasi autonoma. L’Avvocatura di Stato valuterà l’eventuale impugnazione della sentenza davanti al Consiglio di Stato.

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