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Viva l'Italia che resiste: la storia di quei pugliesi partigiani che liberarono il Nord

 
Vito Antonio Leuzzi

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Vito Antonio Leuzzi

Viva l'Italia che resiste: la storia di quei pugliesi partigiani che liberarono il Nord

Centinaia di patrioti parteciparono all’insurrezione. Difesero la terra e le fabbriche scacciando i tedeschi

Martedì 25 Aprile 2023, 09:00

Con la ricorrenza del 25 aprile, data simbolo della liberazione e dell’indipendenza nazionale, dopo la sanguinosa occupazione della Germania nazista, l’Italia riuscì a collocarsi nella realtà delle liberal democrazie lasciandosi alle spalle le rovine di una guerra e di uno sconvolgimento epocale. La scelta di campo degli italiani a fianco delle nazioni democratiche fu resa possibile dalla lunga lotta dell’antifascismo e dalla Resistenza.

Alla liberazione dal nazifascismo e alla pace concorsero in tempi e modalità diverse l’Italia centro settentrionale ed il Mezzogiorno. In quest’ultima realtà la Resistenza assunse un forte carattere «patriottico» per il ruolo primario dei militari sostenuto dai civili. Gli italiani in Puglia non si divisero e si assistette a forme coraggiose di opposizione alla violenza degli uomini di Hitler a partire dal capoluogo pugliese, il 9 settembre del 1943, che fu una delle prime città italiane a reagire, ad impedire ai reparti germanici di distruggere il porto, il palazzo delle Poste, Radio Bari. Gli uomini del generale Bellomo, donne e ragazzi della Citta vecchia, impiegati delle poste, sostenuti dai carabinieri, intervenuti spontaneamente, impedirono ulteriori devastazioni e misfatti. Poche ore dopo l’annuncio dell’armistizio a Taranto, militari e operai respinsero un tentativo di attacco di un reparto della Wehrmacht (i tedeschi tentarono di penetrare nei cantieri dell’arsenale e di minare il ponte girevole). Diversi episodi di resistenza militare si verificarono a Bitetto, Ceglie Messapica, Putignano, Noci, San Severo. Mentre a Barletta, il 10 e 11 settembre, sulle rive dell’Ofanto, i militari del locale presidio resistettero all’aggressione nazista. Operai dell’Acquedotto Pugliese, ferrovieri, carabinieri, tra Puglia e Basilicata, evitarono conseguenze disastrose per il disegno nazista di far saltare ponti ferroviari stradali ed in particolare le grandi strutture dell’Acquedotto.

La reazione degli uomini di Hitler ebbe un carattere punitivo e razzista come attestano le note vicende della città della Disfida - il 12 settembre reparti corazzati invasero la città, catturarono e fucilarono 10 vigili urbani e due operai comunali, e deportarono il col. Francesco Grasso. Diverse stragi e uccisioni di soldati sbandati si verificarono a Murgetta Rossi nel territorio di Spinazzola, a Valle Cannella poco distante da Cerignola, a Castellaneta e Girifalco (Ginosa) nell’area ionica e in tanti altri centri dell’Alta murgia e soprattutto dell’Appenino dauno , come si evidenzia dalla pubblicazione di un recente volume dei ricercatori dell’Ipsaic, Luoghi della memoria in Puglia, Edizioni dal Sud. Nella realtà pugliese reagirono ai misfatti germanici contro la popolazione civile diversi vescovi e sacerdoti (Trani, Manfredonia, Celenza Val Fortore, Spinazzola), in alcuni casi persino ex Podestà.

Centinaia di pugliesi, emigrati, uomini e donne, difesero le fabbriche e persero la vita nella Resistenza in molte località dell’Italia del Nord. Tra gli altri ricordiamo il tarantino Pietro Pandiani, capitano d’artiglieria, partigiano in Emilia, i fratelli Vincenzo e Antonio Biscotti di Peschici uccisi dai nazifascisti a Biella. Senza dimenticare Dante Di Nanni, nato a Torino ma di famiglia pugliese originaria di Andria. Vincenzo Biscotti e Dante Di Nanni ricevettero, rispettivamente, la medaglia d’oro e d’argento al valor militare.

Molti altri, morirono nei campi di concentramento. Migliaia di nostri militari, soldati e ufficiali, in Iugoslavia, Albania, nelle isole dello Ionio e dell’Egeo rifiutandosi di continuare la guerra a fianco dei nazifascisti, furono catturati, deportati e trattati come schiavi nei campi del Terzo Reich. In Puglia si costituì la prima formazione militare che s’impegnò con coraggio a fianco degli eserciti Alleati, (battaglia di Montelungo, liberazione di Bologna). Una delle più belle pagine della resistenza italiana è stata scritta dai pugliesi alle Fosse Ardeatine, dove furono trucidati 19 pugliesi, tra i quali un docente di Liceo, Gioacchino Gesmundo ed un sacerdote, Don Pietro Pappagallo. Quest’ultimo è stato inserito dall’attuale Pontefice nell’elenco dei martiri del XX secolo.

E’ importante ricordare che il riferimento all’antifascismo e alla Resistenza è uno dei caratteri costitutivi e fondanti la Costituzione repubblicana, alla cui elaborazione dettero un apporto di altissimo livello politico, giuridico e culturale, diversi costituenti pugliesi di diversa ispirazione ideale tra cui Giuseppe Di Vittorio, Aldo Moro, Codacci Pisanelli, Mario Assennato Domenico Fioritto. Più di ogni altra considerazione è opportuno richiamare alla memoria le parole pronunciate da Aldo Moro nel trentennale della Resistenza in un discorso svolto a Bari il 21 dicembre 1975: «Il nostro antifascismo non è dunque solo una mobilissima affermazione ideale, ma un indirizzo di vita, un principio di comportamenti coerenti. Non è solo un dato della coscienza, il risultato di una riflessione storica; ma è componente essenziale della nostra intuizione politica, destinata a stabilire il confine tra ciò che costituisce novità e progresso e ciò che significa, sul terreno sociale come su quello politico, conservazione e reazione».

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