La tragedia di Cutro. L’avvio del processo penale sulla gestione dell’emergenza Covid. L’elezione di Elly Schlein al vertice del Pd. Eventi che non hanno alcun nesso tra loro.
Eppure si tratta, oggettivamente, di un allineamento di pianeti destinato a surriscaldare il clima politico. Nei primi due casi è lecito attendersi feroci polemiche e un aspro rimpallo di responsabilità.
Nell’ultimo è normale aspettarsi che Schlein faccia di tutto per recuperare il terreno perduto dal Pd nel lungo «giro di chiglia» del governo Draghi che si è sommato alla difficile vicenda postrenziana.
Stagione di turbolenze che s’intrecciano a un’ordinaria amministrazione che non ha niente di ordinario. Sarà molto difficile isolare le questioni rilevantissime del soccorso in mare ai migranti o delle responsabilità nella gestione dell’emergenza Covid dal confronto sulla politica economica e sull’attuazione del PNRR.
Eppure, è evidente che solo un ragionevole livello di consentaneità tra maggioranza e opposizione, tra governo centrale e governi locali può garantire il successo dell’operazione.
«Calma e sangue freddo!» verrebbe da dire per ricordare che si tratta della «partita della vita» per un Paese esposto a un debito pubblico gigantesco e con limiti di crescita pluridecennali.
Sullo sfondo, la guerra in Ucraina. I lampi delle esplosioni non si attenuano ma una scintilla di speranza si è accesa per soli dieci minuti. Tanto è durato lo scambio di battute tra il Segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, e il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. Certo, troppo poco ma non si incontravano dall’inizio della guerra.
Nessuno, ragionevolmente, si aspettava che scoppiasse la pace, eppure l’incontro c’è stato e qualcosa vorrà pur dire. Viene da pensare alla frase «fuori i secondi!» che negli incontri di pugilato precede il suono del gong.
Là dove tra i «secondi» ci sono la Cina ma anche l’Unione Europea. Il segnale è netto: la faccenda Ucraina è esclusiva competenza di Washington e Mosca. «L’intendance suivra». Probabilmente è quello che il Cremlino attendeva da tempo: il ritorno a essere l’interlocutore principe della Casa Bianca, uno status perduto sin dal 25 dicembre 1991, quando la bandiera dell’Unione Sovietica venne ammainata dal più alto pennone del Cremlino.
Se le cose stanno così si apre un margine di speranza se non per la pace almeno per una tregua.
In un momento tanto delicato è bene ricordare che l’Unione Europea, e quindi l’Italia, fanno parte dell’«intendance». Per quel che ci riguarda direttamente, non pare il momento per aggiungere ai clamori in atto alzate d’ingegno pacifiste o belliciste.
Finora, al di là di qualche sortita di Berlusconi, spiegabile per ragioni anagrafiche più che politiche, il governo Meloni non ha sbagliato una mossa sullo scacchiere internazionale. Avanti così.