Bari città violenta. Perfetto per un titolo dei film polizieschi in voga in Italia negli anni ‘70 che raccontavano il crimine e la violenza nelle grandi città. Perfetto, purtroppo, anche per definire quanto sta accadendo nella città di San Nicola ormai sempre con maggiore frequenza. Baby gang, bande di bulli, ma anche malviventi in erba e giovinastri in branco pronti all’azione nelle strade della movida e in pieno centro cittadino. Non fanno ovviamente eccezione i parchi, i giardini e la periferia, territori dove i riflettori non arrivano e paura e terrore per eventuali cattivi, malsani incontri spesso rappresentano una sorta di normalità.
Sovente l’obiettivo è rappresentato da soldi e telefonini, ma come ci rivelano le cronache in numerosi casi il movente di aggressioni, abusi e sopraffazioni è la violenza fine a se stessa, il desiderio malato di far male, di prevaricare chi è in stato di debolezza e inferiorità per il solo fatto di essere solo contro il branco assetato e protervo.
D’altronde, l’ultimo episodio in ordine di tempo è emblematico quanto preoccupante: una mezza dozzina di adolescenti ha aggredito in prima serata un avvocato sessantenne barese sulla strada di casa, di ritorno dalla palestra. Il professionista ha dovuto fare i conti con qualche schiaffo, spintoni, cinque punti di sutura e una bella dose di paura, ma il vulnus reale è rappresentato dall’annessa frustrazione di insicurezza e dall’orribile sensazione di vedere lesa la propria libertà. Come si sentirà nei prossimi giorni mentre ripeterà gesti che finora hanno rappresentato la sua quotidianità? La normalità. Quale percezione avrà dei propri spazi sociali?
Altrettanto eloquente è il piccolo bollettino di guerra generato dalle cronache cittadine degli ultimi mesi a rivelare una situazione di allarme ormai costante. Ragazzini picchiati e derubati nei principali luoghi di aggregazione della città: da parco 2 Giugno all’area della Rossani o al lungomare. Altri adolescenti minacciati e offesi, altri ancora prigionieri della paura per essere stati oggetto di maltrattamenti e angherie da parte di propri coetanei vittime a loro volta di nuove forme di disagio generate sì da background familiari borderline, ma anche da una socialità alterata, non solo dai social, e sempre più indecifrabile. Uno scenario assolutamente trasversale e a tinte fosche, aggravato dalle restrizioni legate alla pandemia che hanno finito per far precipitare equilibri già precari.
I dati del Rapporto annuale Istat 2021 rivelano che un adolescente su sette, tra 10 e 19 anni, «convive con un disturbo mentale diagnosticato», mentre sono in aumento le patologie legate alle dipendenze (anche dalle nuove tecnologie) e i cosiddetti Neet (not engaged in education, employment or training), i giovani che non studiano, non si formano e non lavorano (23%) a cui si associa il 13% (in alcune aree del Sud la percentuale è più che raddoppiata) che abbandonano gli studi senza aver conseguito un diploma o una qualifica.
Il risultato è una realtà giovanile, alterata, inadeguata, costellata da bande e mini gang infoiate di violenza e voglia di sopraffazione, mentre il controllo del territorio diventa sempre più difficile e problematico da parte delle Forze dell’ordine, certo coadiuvate dalle nuove tecnologie, ma alle prese da sempre con la carenza di organico.
Intanto, in una società in cerca di sicurezza e sicurezze, anche l’universo degli adulti è chiamato a un salto di qualità in tema di comprensione da un lato, di introspezione dall’altro: imperfezioni, insoddisfazioni e devianze delle nuove generazioni non sono certo fini a se stesse.