L’ invasione dell’Ucraina si è rivelata più difficile del previsto per le forze russe. Dopo ormai una settimana dal primo dispiegamento di soldati, quella che secondo i piani iniziali doveva essere un’operazione rapida, in profondità e senza troppe resistenze è diventata una missione per molti aspetti fallimentare: anziché portare alla caduta del presidente ucraino Zelensky, ne ha forgiato l’immagine di leader; anziché dividere i paesi occidentali – soprattutto europei – ne ha temprato l’unità e la determinazione nello schierarsi dalla parte di Kiev; non meno importante, da quanto è dato vedere, ha messo in luce alcune debolezze inaspettate nella macchina militare russa, sia in termini di preparazione logistica, sia in termini di capacità di comando e controllo.
La realtà sul campo, tuttavia, rimane fluida e difficile da decifrare: da una parte, pare evidente che i vertici militari di Mosca abbiano ben compreso la necessità di adeguare i propri piani alle circostanze, come dimostrato dal dispiegamento di ulteriori mezzi pesanti e missili anticarro sia sul fronte settentrionale, sia su quello meridionale; dall’altra, le notizie che ci giungono suggeriscono che diversi punti nodali siano ancora contesi (ne sono un esempio i bombardamenti degli ultimi due giorni su Kharkiv e Mariupol). Il tutto, mentre le delegazioni dei due Paesi hanno avviato un difficilissimo negoziato per porre fine alle ostilità.
Non ci si può insomma illudere di poter giungere a facili previsioni su come evolverà la situazione da un punto di vista militare e strategico. Chi ci ha provato nei giorni scorsi è stato costretto a correzioni, distinguo o vere e proprie capriole semantiche. Tuttavia, anche senza la pretesa di dare risposte esaustive, vale la pena porsi una domanda: perché la campagna di Putin non è stata all’altezza delle aspettative iniziali? Non si tratta - sia ben chiaro - di un mero sforzo tecnico, di interesse solo per gli addetti ai lavori: la risposta a questo interrogativo può infatti offrire spunti utili a capire quali mosse dovremmo aspettarci nei prossimi giorni dall’esercito russo.
Le informazioni che ci sono giunte nei primi giorni del conflitto suggeriscono che le forze armate russe non siano state in grado di organizzare un’offensiva coordinata ed efficace, soprattutto lungo la direttrice che dalla Bielorussia punta a sud verso Kiev. Le ragioni sono molteplici: una pianificazione poco attenta, la presenza di falle nella catena logistica, una resistenza più attiva del previsto da parte delle forze ucraine, o perfino la volontà di evitare un danno collaterale troppo elevato. Diverse cronache dal campo di battaglia sembrano comprovare queste carenze: giusto a titolo d’esempio, è stata lamentata la mancanza di carburante per i carri armati che puntavano verso Kiev, nonché lo scarso coordinamento tra le forze - ovvero l’incapacità di utilizzare in modo simultaneo e sincronizzato artiglieria, fanteria e potere aereo. Da ultimo, per i primi cinque giorni, l’esercito russo si è astenuto - in modo apparentemente volontario - dal bombardare massicciamente le postazioni difensive ucraine. Tutti questi indizi sembrano suggerire un errore di valutazione iniziale: la convinzione che Kiev sarebbe caduta in poche ore.
La partita però è appena iniziata e l’analisi delle debolezze sopra citate suggerisce scenari poco rassicuranti per il prosieguo delle operazioni nei prossimi giorni.
Lo stato maggiore russo ha mostrato piena consapevolezza degli errori commessi e non è rimasto a guardare: se è vero che nel fine settimana del 26 e 27 febbraio l’avanzata verso Kiev non ha fatto progressi significativi, è altrettanto verosimile che si sia trattato di una pausa strategica, volta appunto a correggere gli errori iniziali.
Magari, come hanno sostenuto alcuni analisti, l’esercito russo è davvero una tigre di carta, per cui difficilmente riuscirà a conseguire risultati migliori. Più probabilmente, però, assisteremo a un dispiegamento massiccio, meglio coordinato e sostenuto nel tempo della potenza di fuoco di Mosca. Se questo è lo scenario che si prefigura, concludere con un accordo i negoziati per la pace diventerà una necessità ancora più urgente, tanto per la popolazione civile quanto per la leadership di Zelensky. Un’amara considerazione per l’Ucraina, di cui Putin è sicuramente consapevole.