BARI - Il Bari festeggia così anche se in ginocchio va l’Inter». È il pomeriggio di domenica 16 ottobre 1994, per vedere i gol della giornata bisogna rimanere incollati davanti a «90° minuto». Nel servizio sulla clamorosa vittoria del Bari di mister Beppe Materazzi a San Siro (1-2 con reti di Guerrero e Tovalieri con Pancev che riesce solo a dimezzare lo svantaggio dei nerazzurri) si sottolinea, appunto… con un «così», le immagini della esultanza che passerà alla storia, quella del celebre «trenino». Dopo il gol del «Cobra», i giocatori si mettono a quattro zampe, in fila indiana, puntando verso la bandierina. Qualcuno «deraglia» in realtà, ma poco importa perché quella esultanza diventa ben presto un simbolo di stagioni straordinarie, un marchio di fabbrica non solo in Italia, ma anche all’estero, sconfinando dallo sport professionistico per entrare di fatto nel costume: alzi la mano chi, in una partitella con gli amici non ha festeggiato, appunto, «così» dopo un gol durante una partita di calcetto.
A dirla tutta, il compleanno davvero speciale del trenino è passato in orario tre settimane fa. Il primo, non documentato dalle telecamere sorprese dall’esultanza che non ti aspetti, partì, è il caso di dire, il 25 settembre 1994, a Padova in occasione di un’altra vittoria in trasferta in serie A (2-0, con reti di Gerson e Pedone). «Ho fatto pochi gol in carriera - racconta Gerson - quando ho segnato al Padova, ho chiamato i miei compagni di squadra, mi sono messo a quattro zampe e loro mi hanno seguito… Una esultanza di gruppo, positiva e che dava gioia, simbolo di un gruppo eccezionale. A distanza di 30 anni siamo ancora tutti amici, e sempre in contatto tra di noi», ricorda Gege.
Come è noto, il copyright è di un altro straniero che i tifosi hanno molto amato, il colombiano Miguel Guerrero. «All’Atletico Junior Barranquilla la usavamo, così pensai di riproporla ai miei compagni in Italia», ha ricordato spesso la punta sudamericana, oggi 57enne. A svelare alcuni retroscena ci pensa Lorenzo Amoruso, difensore dal fisico possente e dalla caratura internazionale. «Io e Miguel dividevamo la camera nei ritiri. Durante la preparazione pre campionato ci parlò di questa esultanza. Durante le partitelle tra di noi, ogni tanto per scherzare la proponevamo. Un giorno segnò Miguel, si mise a quattro zampe e mi invitò a fare lo stesso. Seguirono “l’esempio” anche Bigica e Pedone. Ricordo anche che, sempre nei ritiri, Miguel portava cd di musica salsa e merengue, quante risate: diciamo che non eravamo dei ballerini armoniosi…». Bravi calciatori, certamente sì.
Se Amoruso, non ha esportato in Scozia l’esultanza quando è diventato una bandiera dei Ranger Glasgow, primo capitano cattolico della squadra protestante («Complicato farlo sui campi spesso bagnati, sferzati da neve, vento e ghiaccio», scherza Amoruso) ci ha pensato Igor Protti, bandiera del Bari e approdato alla Lazio nel 1996, ad esportare il trenino persino allo stadio Olimpico, dopo averlo già messo sui binari egregiamente con la maglia biancorossa. «Segnai il gol più importante in quella stagione, il pareggio nel derby contro la Roma, al 92’. Mi venne in testa di fare il trenino… - racconta re Igor -. All’inizio, quando ero al Bari, dissi a Miguel che l’esultanza poteva non essere capita. È andata diversamente. In realtà l’idea iniziale era andare verso la bandierina in ordine sparso a quattro zampe come i cani, per questo era chiamata la “danza dei cagnolini”. Noi la facemmo in maniera diversa, quando il primo di noi si mise a quattro zampe, gli altri si accodarono e nacque il trenino diventato un simbolo di quel Bari straordinario. Ancora oggi mi sento barese d’adozione, continuo ad essere legatissimo alla città e alla tifoseria».
Esultanza collettiva Una esultanza storica perché di fatto fu la «prima collettiva, peraltro di un gruppo molto unito. Dal mitra di Batistuta al violino di Gilardino, dalle mani alle orecchie di Toni all’aeroplanino di Montella, le esultanze sono sempre state abbastanza individuali. Con quel trenino facevamo capire che nel momento in cui un giocatore fa gol il capotreno guida la locomotiva di una squadra, ma anche gli altri vagoni sono protagonisti allo stesso modo. Importanza del gruppo e senso appartenenza», sintetizza Protti.
Tra i vagoni, come i tifosi biancorossi ricordano bene, spesso c’era un certo Ciccio Pedone, oggi allenatore della Sampdoria under 17. «Facevamo quella esultanza per divertirci, eravamo un bel gruppo. Contro l’Inter fu una partita speciale. Fa piacere che dopo tanti anni si ricorda ancora. Ci siamo divertiti tanto in serie A e abbiamo fatto tornare tanta gente allo stadio. Ricordi indelebili per noi e per i tifosi. Effettivamente segnai al Padova il giorno in cui partì il “primo” trenino. Ora che ci penso ho segnato spesso al Padova, chissà, con loro la porta era più grande...», scherza Pedone.
«A distanza di trent’anni, è ancora vivo il ricordo nostro e di tutti i tifosi - racconta Sandro Tovalieri - Un’esultanza completamente diversa dalle solite che ha dato un fascino e un particolare riferimento simbolico della tifoseria barese. Ci abbiamo messo un po’ di tempo per memorizzarla bene, per coordinare braccia e gambe. All’inizio non andò benissimo... Ci provammo la prima volta a Padova, dove vincemmo 2-0 con gol di Gerson e Pedone. A Milano, invece, riuscì molto meglio. In seguito, qualche volta ho fatto io il capo treno. Di gol ne ho fatti e alle volte esultavo diversamente, correndo sotto la Curva Nord e condividere con la gente la gioia del gol».
Di generazione in generazione, la tradizione è andata avanti con diversi passaggi di consegne. «Ero agli inizi della mia carriera - ricorda Nicola Ventola - Mi allenavo e vedevo Guerrero, Protti, Tovalieri festeggiare così. Noi lo facevamo per rispetto dei più grandi, per imitarli e perché piaceva ai tifosi. Ho fatto una presenza a 16 anni, 7 a 17 anni (quando Igor è stato capocannoniere in serie A con 24 gol). Il Bari retrocesse alla fine del campionato e ad un certo punto abbiamo ripreso a rifare il trenino. Dava gioia, lo abbiamo riproposto per questo e ha portato bene».
Tra le ultime apparizioni del trenino, Bari-Avellino del 10 aprile 2022: il Bari era già stato promosso dalla C alla B. Contro gli irpini, gara molto sentita, i biancorossi festeggiavano la promozione. Il Bari vinse 1-0, segnò Mattia Maita che esultò con il trenino insieme a tutta la squadra sotto la curva Nord. Quel giorno al San Nicola c’erano 22.376 spettatori e fu il primo vero grande pubblico dopo le limitazioni imposte dalla pandemia. Una esultanza mai maliziosa, sempre leggera e goliardica, mai offensiva. «Ancora oggi non sopporto chi esulta sotto le tifoserie avversarie - rilancia Protti -. Questo per me continua ad essere inaccettabile. Una provocazione che non mi va proprio giù».
Qualcuno, invece, ha usato proprio il trenino per provocare. Mamadou Tounkara, attaccante della Viterbese, lo ha esibito per irridere il San Nicola dopo avere segnato in Bari-Viterbese 1-3 del campionato 2019-20, serie C. Ma anche qualche barese ci ha marciato... Nicola Strambelli, oggi in forza al Barletta in Eccellenza, il 6 settembre 2015 giocava nella Fidelis Andria che vinse 3-1 a Lecce. Strambelli al 95’ firma il tabellino con un pallonetto clamoroso ed esulta proprio con il trenino. Lo stadio di Lecce impazzisce, i giocatori non la prendono bene e la partita finisce in rissa. Un dazio da pagare. Tre anni dopo (gennaio 2018) Strambelli viene acquistato dal Lecce, ma l’affare salta proprio perché per quell’episodio: gli ultras del Lecce hanno memoria lunga. Spunta persino uno striscione: «Strambelli infame barese non ti vogliamo». Maledetto trenino.
Talmente celebre quella esultanza, che addirittura dallo sport approdò sul grande schermo. Correva l’anno 1995. Emilio Solfrizzi, interpretando i panni di un disoccupato barese, è uno degli improbabili naufraghi in una sperduta isola tropicale. Rivolgendosi a Leo Gullotta nei panni di un docente napoletano di geografia, dopo una partita amichevole in spiaggia, festeggia un gol (con tanto di tunnel) sognando di indossare la maglia di Igor Protti. Dopo il gol, parte il trenino. «Come professore, non sai chi è Guerrero? È la punta di diamante del Bari».
Pallone e cinema. Bari e Napoli. Curiosamente, il pane quotidiano dei De Laurentiis. Alla prossima fermata.