«Ich bin ein Berliner», io sono un berlinese, disse John Kennedy il 26 giugno 1963, davanti al Muro che divideva le due Germanie, e l’Occidente dall’Est sovietico. «Io sono europeo», potremmo dire oggi.
Questo si potrebbe dire davanti a un provvedimento legislativo che vuole dividerci dal resto del mondo democratico. Il disegno di legge sulle intercettazioni, oltre a mettere il bavaglio alla stampa tradizionale, innalza anche un muro per separare la rete dai cittadini. Nuove norme per internet, svuotare di contenuti un mondo che – pur tra mille contraddizioni – propone conoscenza, informazione alternativa, immagini, filmati, fatti e opinioni. Siti, blog e social network come YouTube, assimilati dal decreto a quotidiani, periodici e televisioni.
La Commissione giustizia del Senato ha infatti esteso a tutti i «siti informatici» l’obbligo di rettifica previsto dalla già vetusta disciplina sulla stampa. Anche per i blog, anche per YouTube, ci sarà l’obbligo di rettifica immediato, con il rischio di sanzioni analoghe a quelle previste per gli editori. Davvero impensabile, anche tecnicamente. Ogni minuto gli utenti caricano su YouTube 24 ore di video. Sarebbero necessari 1.700 anni per visualizzare ogni singolo video ospitato nella biblioteca virtuale del sito.
Il disegno di legge chiama pesantemente in causa tutto il web, quello professionale e quello amatoriale. Contiene una norma, all'articolo 28, che equipara siti di informazione e blog ai giornali e prevede anche per Internet l'obbligo di rettifica entro 48 ore dalla pubblicazione online, al pari di quanto avviene nella carta stampata. È una rilettura – peggiorata – della legge che risale al 1948: «Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono». In caso contrario scatteranno la denuncia e una multa pesante.
Nessun blogger potrà permetterselo. Sarà costretto a chiudere oppure ad autocensurarsi. Quanto a YouTube, potrebbe accadere quello che è successo pochi giorni fa in Pakistan, dove il social network è stato oscurato a causa di contenuti ritenuti offensivi nei confronti di Maometto. Oppure in Iran, dove la censura cancella tutti i video che raccontano la protesta contro il regime.
Insomma, sull’informazione, anche su quella amatoriale, non professionale, si abbatterebbe una vera e propria mannaia, se l’articolo 28 del provvedimento restasse così com’è. Come osserva il giurista Guido Scorza, la “chiusura della Rete” per rettifica è, ormai, davvero vicina. Negli ultimi anni ci sono state avvisaglie. Alcuni tribunali, con interpretazioni singolari, hanno tentato di estendere la legge sulla stampa del 1948 alle pubblicazioni telematiche, con l’imposizione di registrazione e indicazione di direttori responsabili anche per i blog. Questo nonostante l’articolo 4 della Direttiva Europea 2000/31/CE in tema di Società dell’Informazione preveda espressamente che «Gli Stati membri garantiscono che l’accesso all’attività di un prestatore di un servizio della società dell’informazione e il suo esercizio non siano soggetti ad autorizzazione preventiva o ad altri requisiti di effetto equivalente».
Non per caso l’ampio fronte del dissenso nei confronti del disegno di legge sulle intercettazioni, che comprende editori, Ordine dei giornalisti, Federazione della Stampa e associazioni che tutelano i diritti dei cittadini consumatori, ha annunciato una valanga di ricorsi alla Corte di giustizia europea. Nessuno vuole difendere chi sul web fa uso distorto della libertà di opinione, diffama o vìola la legge. Le norme per perseguire i reati ci sono già. Non c’è alcun bisogno di provvedimenti che ci allontanerebbero dal resto d’Europa e dei paesi in cui la democrazia è sacra.
* Consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti