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Questa società così schizofrenica

 
michele mirabella

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michele mirabella

Questa società così  schizofrenica

Schizofrenia è parola lugubre e minacciosa. La parlata volgare la usa a casaccio per tamponare vuoti semantici. In medicina indica una psicosi dissociativa, una disgregazione della personalità psichica

Domenica 13 Settembre 2020, 17:30

Schizofrenia è parola lugubre e minacciosa. La parlata volgare la usa a casaccio per tamponare vuoti semantici. Da ultimo, però, io stesso mi sono trovato a ricorrere alla parola «schizofreniche» per definire la politica e la cronaca italiane. Soprattutto di questi ultimi tempi. So bene di abusare di un termine medico che indica una psicosi dissociativa, una disgregazione della personalità psichica. Se accogliamo l’interpretazione della società come di un organismo vitale apparentabile a un individuo, scopriremo accettabile l’uso della parola. Perché, dunque, rintraccio nelle vicende attuali del Paese i caratteri dissociati di una psicosi? Qualche esempio, qualche aspetto del caso clinico si possono comodamente desumere dalla attuale situazione socio politica del nostro Paese. 

I responsabili del governo, dico, non un paio di funzionari di periferia, si arrabattano e si sono a lungo arrabattati sulla questione della riapertura delle scuole italiane decisa, testardamente per domani. Si è arrivati alla simbolizzazione di questa data con la ritualizzazione sociale e un caotico, e affollato di protagonisti, marasma in cui sono stati arruolati temi logistici, sanitari, economici e, perfino didattici e culturali. Lo scetticismo ha prevalso sull’ottimismo della volontà condito di patetismi demagogici, apprensioni sanitarie, asperità polemiche e litigi politici. Con scarsa prudenza hanno agito le forze di governo, con scarsissimo senso dello Stato hanno reagito le opposizioni. In che cosa consiste la schizofrenia? Nella separazione tra comportamenti annunciati, condotte proclamate e prassi tristemente antagonistiche del buon senso e della coscienza sociale.

E le scuole, pare, in buona parte non riusciranno ad aprire i battenti, come avrebbe detto De Amicis, lasciando alla disarmate e scarse maestrine dalla penna rossa e ai desolati maestri Perboni il compito terribile di coprire con la loro indiscussa qualità anche le cattedre vacanti di docenti. Ma la cattedra vuota non fa lezione. Neanche ai banchi con posto singolo. Ma non sarebbe bastato segare i banchi doppi? No, non sembra sia stato considerato sufficiente e si son inventate le ruote. Altra schizofrenia: si afferma la semplificazione, la esiguità calcolata delle scolaresche, la riduzione dei tempi e degli orari e non ci si accorge in tempo che non ci sono maestri e professori a sufficienza. Intanto si rodano le rotelle dei banche ruotanti come all’auto scontro e la gioia dei bidelli che faranno più in fretta a pulire le aule per sanificarle. Sempre che siano state occupate durante le lezioni. Ma non sarebbe stato meglio rinviare l’apertura delle scuole al fatidico 1° ottobre? No, non sarebbe stato meglio perché la scuola è la baby sitter della società, ormai.

Altro esempio di schizofrenia. Nelle alte sfere del Ministero degli interni, una dozzina di anni fa, un dirigente altolocato affermò che in Italia esisteva un «indulto quotidiano» e lanciò un allarme criminalità severo in una sede ufficiale che più autorevole non si potrebbe: il Parlamento. La criminalità grande e piccola (ma esiste, poi una differenza?) si avvantaggia ancora oggi di una legislazione e di un sistema giudiziario che sembrano strutturati a bella posta per consentire impunità ai delinquenti e rendere l’operato delle Forze dell’ordine vano nei risultati e frustrante per gli operatori. Tutte le fonti di opinione fanno a gara per esaltare la posizione dei responsabili della sicurezza dei cittadini, non senza condividerne l’inquietudine. Anche quei giornali e quelle fonti di opinione che, poi, per costume, convinzioni politiche, atteggiamenti culturali, danno sempre addosso alla legge e chi la difende irridendo alla richiesta di sicurezza dei cittadini trattati come forcaioli.

Se non è schizofrenia questa! La sinistra ha perso, e non solo le elezioni, per questa ragione, perché non ha saputo e voluto comprendere la mutazione sostanziale del paese in questo senso. E avrebbe avuto il dovere di farlo, non solo il pigro piacere intellettuale, come è abituata. Il dovere. Proprio perché Sinistra, formazione politica, cioè attivata, alimentata, motivata, pur nelle sue plurali varianti e sensibilità, dallo studio della società del suo sentire, della sua cultura, delle sue dinamiche.

Prendiamo i fatti recenti di Colleferro e di Pisticci. I presunti assassini del ragazzo inerme erano straconosciuti da tutti per quello che erano e potevano diventare. Ma nessuno si è preso la briga di provvedere a renderli innocui. Non solo nelle forze dell’ordine, ma, anche tra i cittadini che hanno sopportato, ignorato, tollerato. Schizofrenicamente. Infatti al funerale dello sventurato ragazzo erano in tanti.

I giornali hanno pubblicato le foto di alcuni dei «presunti» stupratori delle ragazzine inglesi nella paese di Pisticci. La stampa non nasconde con tendenziosità rassegnata il suo giudizio su quelle immagini: «C’era da spettarselo!». Ed ecco la schizofrenia: solo tre mesi fa la didascalia a quelle fotografie orribili sarebbe stata pseudo sociologica, insistente sul pittoresco. Oggi sono quasi una denuncia come se didascalia fosse: «Da gente così c’era da aspettarselo».

Ed è cominciata la sindrome schizofrenica: la stessa opinione pubblica che, in stragrande maggioranza reclama il pugno duro per riportare la sicurezza nelle strade, arrivando anche a invocare le ronde di quartiere, alle prime realizzazioni di tutto questo, pavidamente organizza i cortei pacificatori e chiama la polizia. E che? Non lo sapevano anche prima che quando si invoca il pugno duro, qualcuno, poi, finisce per usarlo? La lamentela è endemica e insistente: tutti vogliono sicurezza, ossequio all’ordine, alla disciplina, rispetto delle regole e ossequio alle leggi. Da parte degli altri. Giorni fa ho origliato un dibattito stradale, all’angolo di una via del centro, tra una mezza dozzina di cittadini infervorati nel chiedere tutto questo. Erano appoggiati alle loro auto e motorini parcheggiati in doppia fila sulla corsia preferenziale dell’autobus. E senza mascherine. Tanto, loro non sono gli altri. 

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