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Quei figli mandati in vacanza nei paesi dei tanti contagi

 
Anna Langone

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Anna Langone

Quei figli mandati in vacanza nei paesi dei tanti contagi

In una fase di pericolosa nuova ondata dell'epidemia, le famiglie non esitano a non sacrificare le ferie dei ragazzi

Martedì 18 Agosto 2020, 14:43

16:02

Scusate, ma perché si crea un'App per ridurre i contagi da Covid e se ne impedisce il funzionamento? Sì, «Immuni», ha armi spuntate non soltanto perché non è scaricabile da tutti gli smartphone, o per i pochi spot che la pubblicizzano, ma soprattutto per i paletti imposti dalla privacy.

In un Paese dove persino la tessera punti del supermercato rivela tutto di noi, dove una qualunque coda in un qualunque ufficio infrange la riservatezza, dove ogni telefonino è tracciabile, ci si preoccupa di tutelare incontri e movimenti che potrebbero costarci la vita? Gli oltre 35 mila morti per Coronavirus non hanno insegnato nulla. Semplicistico, qualunquistico? Può darsi, ma cosa fare e cosa pensare di quei troppi ragazzi e giovani mandati a svernare nelle zone più a rischio (da non colpevolizzare, per carità), un oceano di incoscienti con il benestare dei familiari?

Almeno in Italia le immagini di folle danzanti sudate, senza distanziamento e mascherina stanno per andare in archivio, ma era poi tanto difficile immaginare che lasciando la responsabilità a chi non sa adoperarla saremmo tornati ai positivi a due zeri, ai mille focolai ormai riaccesi in tutto lo Stivale? E di fronte a questa situazione allarmante, di fatto la seconda ondata che era stata prevista dai più pessimisti per l'autunno, resta ancora affidata alla volontà del singolo la decisione di proteggersi e di proteggere gli altri. Perché? «Immuni» non è obbligatoria, come è volontaria l'autodenuncia quando si torna da Paesi (e regioni del Nord Italia) dove l'infezione imperversa, controlli e test sono limitati agli aeroporti e di come sia variegata l'attenzione ai Dpi sui mezzi pubblici di trasporto è facile verificarlo. Per non parlare dei rischi a portata di mano in qualsiasi negozio dove, a parte la mascherina, le distanze e altre precauzioni sono saltate, e non da ora. Siamo insomma al «non toccherà proprio a me», alla sottovalutazione generalizzata. Nooo? I nostri nonni avrebbero forse mandato i figli in vacanza a Napoli o a Bari durante il colera? E perché centinaia di famiglie hanno pagato hotel e divertimento ai propri rampolli in Spagna, in Grecia, in Croazia, tutt'altro che Covid free come sanno anche le pietre, per ritrovarseli al ritorno positivi e costretti al ricovero?

Si dice fino alla noia, anche da parte di quotati opinionisti, che bisogna comprendere la voglia di evadere di figlioli tanto provati dal lockdown, rimasti per mesi (circa due) rispettosi delle limitazioni, che poverini hanno fatto la fatica di studiare a distanza, ma questo può giustificare quanto sta accadendo? Non cadrebbe il mondo, nell'ipotesi più estrema, per un'estate senza mare, discoteche e movida. Forse i ragazzini che andavano al fronte e sopravvivevano alle guerre mondiali, o i reduci del Vietnam, i non moltissimi tornati interi e non impazziti, pretendevano (e avevano) in premio vacanze?

Nessuno vuole accusare nessuno, ma se si chiede al governo, com'è giusto, che le scuole riaprano in piena sicurezza, se per questo decine di piccole fabbriche e artigiani hanno lavorato anche a Ferragosto per realizzare milioni di banchi monoposto e con le rotelle, perché padri e madri non debbono mostrare la stessa responsabilità verso i propri figli?

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