Una beffa della storia, del destino o, se volete delle tre Parche che avevano tra le mani il filo della vita di ogni uomo. Il Coronavirus si fa gioco delle nostre paure e delle nostre certezze per metterci di fronte a una sorta di storia rovesciata, in cui vizi e virtù si scambiano di posto in un vertiginoso ribaltamento di ruoli.
Il presidente del Consiglio. All’inizio del suo mandato è stato a lungo sbeffeggiato, canzonato, dileggiato perché ritenuto un burattino nelle mani dei 5Stelle alla guida di un governo che in realtà era teleguidato da Grillo e Casaleggio. Poi, a contendersi il telecomando si sono messi Di Maio e Salvini, che hanno imperversato in una gara di presenzialismo mediatico, inventandosi le trovate più incredibili per mantenere il passo della comunicazione. Sembrano tempi lontanissimi quando il web era intasato dalle gaffe di Di Maio, dalle divise di Salvini e dalle banalità di Conte. Ora proprio quel Conte lì è il presidente del Consiglio che si rivela uno dei riferimenti della nazione. Che deve cimentarsi nel compito più difficile e drammatico mai affrontato da un capo di governo italiano. Chapeau, avvocato Conte, la tua vicenda assomiglia a quella dell’elefantino Dumbo.
Il ministro della Salute. Con quell’aria timida e un po’ spaurita, Roberto Speranza è arrivato giovane – troppo giovane dicevano i suoi detrattori – a un ministero importante per i cittadini, ma sempre sotto il bisturi dei ministri delle Finanze. A ogni legge di bilancio la Sanità è sempre falcidiata dai tagli. Ogni anno una coperta sempre più corta da dividere fra Regioni affamate dal bisogno. Adesso il giovane Speranza, nel cui cognome c’è l’unica medicina efficace in questo tempo, è in prima linea a combattere, a organizzare una macchina che deve affrontare una lotta impari. Una macchina che sconta i troppi tagli e i troppi errori del passato. Ce la farà questo ragazzo lucano dagli occhi sempre sgranati? Non lo sappiamo, ma sappiamo benissimo che molti destini sono legati alle sue scelte e che, nel bene o nel male, il suo nome resterà molto più di altri nella storia del nostro Paese.
La sanità del Nord. Il fior fiore degli ospedali e delle capacità mediche italiane sta affrontando una prova difficilissima. Le migliori strutture sanitarie scricchiolano sotto il peso dell’emergenza: manca personale, mancano posti in rianimazione, mancano guanti e mascherine. Gli ospedali visti come santuari da tanti meridionali emigrati per curarsi, ora non riescono a contenere l’ondata di contagiati dal Coronavirus. Uno schiaffo soprattutto all’orgoglio lombardo, al ghe pensi mi di tanti medici che guardavano con sufficienza e compatimento i «poveri» malati arrivati dal Sud. Qualcuno osserva: se lì al Nord, dove hanno la migliore sanità d’Italia, il virus fa strage, figurarsi che cosa sarebbe accaduto al Sud. Giusto, ma resta il dato di una realtà paradossale, dove i focolai più gravi d’infezione sono partiti dagli ospedali, proprio quelli che nell’immaginario collettivo meridionale erano esempi di perfezione e modelli da imitare.
I medici eroi. A decine stanno morendo per salvare quanta più gente possibile. Talvolta non c’entrano neppure con la rianimazione o con i malati intubati: dentisti o medici di base contagiati da pazienti inconsapevoli o forse incoscienti. A tutti come agli infermieri, il Paese ogni giorno dice grazie. Ma è quello stesso Paese che fino a prima del virus valutava buona parte dei medici come profittatori: li chiamava «baroni». Erano quelli che non riuscivano a visitare in ospedale ma che nello studio privato offrivano – a pagamento, è ovvio – tutto il tempo di questo mondo. Medici che evadevano le tasse, medici che truffavano sui farmaci, medici che timbravano il cartellino e andavano a giocare a tennis. Il Coronavirus li ha riabilitati tutti insieme e tutti in una volta, anche se a un prezzo terribile. Le sciagure ci cambiano, il dolore e la sofferenza fanno crescere tutti, sempre.
I migranti. All’improvviso sono scomparsi dall’agenda dei problemi nazionali. Quando Salvini era ministro dell’Interno erano argomento da prima pagina ogni giorno. Brutti, sporchi e cattivi e sospettati di portare chissà quali malattie stavano invadendo l’Europa. Adesso loro - è una bufala il fatto che non si ammalino – lavorano nei campi e nelle stalle per garantirci frutta, ortaggi, carne e latte. Non sono eroi, ma un piccolo grazie potremmo dirlo anche a loro.