Le regionali dei prossimi mesi saranno il bivio cruciale della politica italiana, la misura della tenuta del governo, il termometro della solidità dell’alleanza di centrodestra e della risposta della politica alla richiesta di rinnovamento che arriva dalle piazze web e dalla «zoopolitica», animata da sardine progressiste e pinguini sovranisti.
Emilia-Romagna e Calabria, e subito dopo Puglia, Campania e Toscana sono dunque i fronti caldi dello scontro politico. L’alleanza di governo che sostiene Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, al momento, non si va ricomponendo in Emilia-Romagna e Calabria: il voto a sorpresa degli iscritti pentastellati su Rousseau, ribaltando le indicazioni del capo politico Di Maio volte a saltare il turno elettorale, ha scombinato i piani del centrosinistra. Tra i grillini è rinata una tentazione identitaria insieme alla volontà di schierare liste equidistanti dalla destra e dalla sinistra. Un pericoloso ritorno alle origini ribellistiche che però mette a repentaglio la solidità dell’accordo nazionale giallo-rosso. In particolare in Emilia-Romagna - regione la cui consultazione è ritenuta «madre di tutte le battaglie» - i sondaggi indicano il governatore uscente dem Stefano Bonaccini e la rivale leghista Lucia Borgonzoni distaccati di una incollatura. E così la partecipazione dei grillini potrebbe sottrarre al centrosinistra i voti necessari alla conferma del politico modenese. In questo contesto arrivano le mediazioni dell’ala progressista del M5S, schierata in funzione di favorire un accordo con i dem, accordo al momento sarebbe sgradito a Di Maio («intese con partiti no, sì con formazioni civiche»): si ipotizza però un patto con l’Emilia-Romagna alla sinistra e una chance ai grillini in Calabria. Ma tutto è in alto mare.
Queste dinamiche nazionali si riflettono anche sulla Puglia dove un accordo tra centrosinistra e Pd consoliderebbe la corsa del candidato progressista (il governatore uscente Michele Emiliano cerca la riconferma con il meccanismo delle primarie, fissate per gennaio). Tutto facile? No. Emiliano preferisce non fare alleanze e il M5S, con la nomina a co-coordinatrice dell’ex ministro Barbara Lezzi, rivendica autonomia e distanze siderali dal governo regionale (a cui chiede chiarezza dopo le ultime inchieste giudiziarie). Intanto si accendono quotidianamente fiammate sulle primarie progressiste: la benzina arriva dai renziani di Italia viva, che considerano i gazebo inadeguati ed Emiliano poco attraente al punto da scegliere il disimpegno. Insomma sulle trattative (sotterranee e pubbliche) a sinistra, non poteva mancare il fantasma dell’ex premier Renzi, che potrebbe ricordarsi dei suoi pregressi dissapori con Emiliano, schierando un candidato governatore autonomo… In Puglia si voterà in primavera e non è da escludere che questo quadro possa essere stravolto con un matrimonio in extremis tra Pd, centrosinistra e M5S, come per il Conte Bis.
Sul fronte opposto il centrodestra non ha ancora individuato il proprio candidato governatore: il pallino è saldamente nelle mani di Giorgia Meloni che dovrà indicare un esponente di Fratelli d’Italia, ma la Lega punta i piedi e chiede «una nuova narrazione» (una velata presa di distanze dalla scelta dell’alleato?). Insomma se Atene piange, Sparta non ride. E dalle piazze digitali e reali si alza una richiesta di partecipazione sotto forma di mobilitazione da «zoo-politica»: per vincere alle Regionali, in contese decise all’ultimo voto, sardine e pinguini avranno un peso inimmaginabile fino a qualche settimana fa.