Vaccini, indietro tutta. La maggioranza di governo, stretta d’assedio, soprattutto da medici e presidi, ha deciso di rimangiarsi un cavallo di battaglia della campagna elettorale pentastellata e sembra intenzionata a confermare l’obbligo delle vaccinazioni per poter frequentare la scuola. Anche se la prescrizione della legge Lorenzin non era mai stata cancellata.
C'era stata, però, una circolare del ministro della Salute, Giulia Grillo, e del titolare dell’Istruzione, Marco Bussetti, che prevedeva di poter continuare a presentare anche per il nuovo anno scolastico, 2018-2019, l’autocertificazione sostitutiva invece dei certificati originali di vaccinazione. Dopo le diffuse proteste e gli imbarazzi della Lega, con una nuova proposta, si era giunti a una soluzione di compromesso. Ma, come molto spesso accade ai compromessi, si era trattato di un rimedio che sfiorava il ridicolo: «L’obbligo flessibile». Nonostante le tante arrampicate sugli specchi per spiegare una «ratio» che in realtà non poteva avere, la soluzione proposta ha scontentato tutti, sia i favorevoli che i contrari ai vaccini, i cosiddetti «no vax».
Alla fine, la svolta, o così pare. Un emendamento al Milleproroghe dovrebbe ribadire l’obbligo delle certificazioni per accedere in classe.
«Nei confronti della scienza non possiamo esprimere diffidenza», commenta, finalmente sollevato, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Che dire? Meglio tardi che mai. Alla fine l’importante è che sia stata presa una decisione che va nel segno della scienza. Quanto tempo perso, però. E quanta inutile aria alla bocca. Perché, se è vero che tra noi pochi sono scienziati e possono parlare con cognizione di causa sull’argomento vaccini, è però altrettanto vero che se la scienza arriva a una determinazione certa, è il caso di starla a sentire. A ognuno il suo mestiere. Allo scienziato quello dello scienziato, e al politico quello del politico. Altrimenti qualcuno, domani, potrebbe alzarsi dagli scranni di Montecitorio e affermare che «la terra è piatta». Cerchiamo di non renderci patetici. Certo, questa è l’epoca dei «leoni da tastiera» che sui social affermano con categorica certezza e sicumera le affermazioni le più prive di senno e senso, per non parlare delle offese e violenze verbali. Ma il sapere non si forma «on line», non è vero quello che, dall’alto dell’ignoranza più abissale, molti sciagurati diffondono in rete. È il caso di tornare al sapere tradizionale, quello basato sullo studio, sulla ricerca e sulla competenza settoriale. E, soprattutto, prima di parlare è il caso di connettere il cervello con la bocca.
Questa volta ci è andata bene: i nostri figli eviteranno di tornare da scuola contagiati con una pericolosa malattia. Ci preoccupa però il futuro. Troppe «scie chimiche» ci hanno annebbiato il cervello.