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Le sfide della portualità pugliese

 
Federifco Pirro

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Federifco Pirro

Le sfide della portualità pugliese

Il progetto dell’Area logistica integrata con la Basilicata all’esame del Ministero

Sabato 21 Luglio 2018, 20:32

La notizia è di notevole rilievo per le ragioni che vedremo fra breve: il 15 luglio la BHGENuovo Pignone di Bari - dal 1962 un autentico vanto della nostra zona industriale per tipologia di prodotti e standing professionale di management, tecnici e maestranze - ha fatto partire dal porto cittadino con destinazione Antofagasta in Cile 10 grandi macchine per il pompaggio di acqua per un peso complessivo di 300 tonnellate. Questa fabbrica, da lungo tempo fra le aziende leader nel mondo nella costruzione di valvole, sistemi per l’energia e di pompe, ne ha arricchito la gamma nel settore idrico, tornando a venderne al Paese andino un altro massiccio lotto di 36 unità, dopo un primo stock di 30 macchine già consegnatogli nel 2014: e ai primi di agosto partirà sempre dal porto locale un’altra tranche della stessa commessa. Ma l’imbarco nello scalo barese ha confermato ancora una volta le sue potenzialità nel traffico di materie prime e di beni finiti di grandi industrie locali - come ad esempio il Gruppo Casillo, la Merck e la Divella, solo per citarne alcune, oltre alla BHGENuovo Pignone - che utilizzano il porto del capoluogo per loro operazioni di import-export.

Le prospettive Se al momento i traffici delle granaglie registrano una flessione a causa (almeno per ora) di diverse strategie di approvvigionamento dei gruppi molitori e pastari pugliesi, l’ imbarco da Bari dei macchinari prima ricordati dimostra che il suo scalo - ormai inserito nella nuova Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico meridionale presieduta dal Prof.Ugo Patroni Griffi - si conferma un suo punto di forza insieme a quelli di Manfredonia, Barletta, Monopoli e Brindisi nei quali, peraltro, sono in corso processi di rilievo che meritano di essere richiamati sia per il traffico merci e sia per quelli crocieristici e di Ro-Ro.

Prima però di descriverli sia pure brevemente, è opportuno sottolineare che nelle aree prospicienti i maggiori porti regionali, ma anche in hinterland più vasti sono localizzate almeno 100 medie e grandi imprese di vari comparti - dall’agroalimentare alla meccanica, dalla chimica al tac - che potrebbero utilizzarli per le loro spedizioni sia all’estero e sia come imbocco delle autostrade del mare per l’invio di merci verso il Nord, o per riceverle in direzione opposta. Bisognerebbe allora aggredire con continuità i mercati asiatici, mediorientali e nordafricani, ma anche quelli delle due Americhe, come dimostra la spedizione delle pompe del Nuovo Pignone. Anche l’ultimo Pot-Piano operativo triennale dell’Autorità di sistema portuale del Mare adriatico meridionale contiene in appendice come allegato l’analisi dei sistemi produttivi distesi lungo la dorsale da Manfredonia ad Otranto le cui aziende leader, già export-oriented, potrebbero essere informate e incitate ad utilizzare la via di trasporto marittima per la ricezione di materie prime e semilavorati e l’invio di beni finiti. A volte, alcune di queste imprese spediscono da altri porti italiani perché mancano specifici vettori che scalino Bari, ma questi ultimi si potrebbero anche attrarre mostrando loro un potenziale di domanda elevato. D’altra parte, un’azione sistematica di marketing, sia per stimolare la domanda di servizi di trasporto marittimo delle aziende esportatrici, e sia per aumentarne l’offerta da parte dei vettori, rientra fra i compiti delle nuove Authority portuali create dalla riforma dell’ex Ministro Delrio che ormai sono chiamate a svolgere a pieno titolo vere e proprie attività d’impresa, e non solo esecuzioni di opere pubbliche nelle aree di competenza. Allora se guardiamo agli altri porti della stessa Autorità, da Manfredonia a Barletta, da Monopoli a Brindisi si osserva che sono in corso processi che ne confermano o ne rilanciano anche le vocazioni industriali.

A Manfredonia, l’aggiudicazione ai Turchi della Sisecam - fra i maggiori produttori al mondo di flat glass - della Sangalli Vetro, ferma da anni, determinerà con la probabile rimessa in esercizio della sua area fusoria l’arrivo di materie prime necessarie al suo funzionamento; ma nello stesso porto quest’anno attraccano anche dieci navi da crociera di piccola stazza avviandovi così accosti che non avevano tradizione in loco e destinate a crescere, anche grazie all’attrazione dei grandi santuari del Gargano e allo splendore delle sue coste.

A Barletta – ove nel primo trimestre sono cresciute le movimentazioni di materiali legati all’esercizio della Cementeria del Gruppo Buzzi Unicem – il porto potrà accrescere la sua competitività una volta terminati i lavori di dragaggio dei suoi fondali.

A Monopoli – alle cui banchine accostano anche grandi yacht e piccole navi da crociera – continuano gli sbarchi di materie prime per la Italbioil del Gruppo Casa Olearia italiana e per la grande vetreria della Veme di Castellana, mentre a Brindisi fra i traffici industriali di carbone per l’Enel (in flessione), di gpl per la Ipem e di prodotti chimici continuano ad avere rilievo le quasi 300 navi all’anno in arrivo e in partenza dalla banchina asservita alla Versalis che riceve virgin nafta dalla raffineria dell’Eni di Taranto e spedisce suoi intermedi verso altri siti del Gruppo di appartenenza.

Ma anche a Brindisi quest’anno aumentano gli attracchi crocieristici che stanno rafforzando quest’altra vocazione dello scalo locale, che si affianca a quella storica di punto di imbarco di traghetti e di Ro-Ro per la Grecia e l’Albania.
E sempre a Brindisi, l’Autorità portuale ha sottoscritto ultimamente un accordo con l’Interporto di Bologna per valorizzare la modalità ferroviaria di trasporto lungo l’asse Costa Morena est, collegata ormai alla rete nazionale, Bari Scalo Ferruccio, Piattaforma interportuale del capoluogo emiliano fra le più grandi d’Europa per movimentazioni.

IL CASO TARANTO Ma anche nel grande scalo di Taranto, facente capo all’Autorità di sistema portuale del Mare Ionio - i cui traffici sono segnati in negativo da mesi dal decremento di materie prime e prodotti finti dell’Ilva, anche se rimangono elevate le spedizioni delle grandi pale eoliche della Vestas e di altri semilavorati di alcune Pmi locali - si annunciano rilevanti novità per il molo polisettoriale. Infatti la società terminalista turca Yilport Holding, integralmente controllata dai connazionali del gruppo Yildirim Holding ha presentato domanda di concessione per gestire l’intero molo polisettoriale sulla cui area, com’è noto, sino al 2014 era insediato il terminal container gestito dalla TCT che l’aveva formalmente riconsegnato nel settembre del 2015 all’Autorità portuale. La proposta della società turca ha per oggetto l’occupazione e l’uso totale dell’intero compendio dell’imponente molo con eccezione della calata 5 ed aree retrostanti, nonché l’uso delle attrezzature attualmente presenti costituite da alcune grandi gru da banchina. Il proponente punta a sviluppare traffici commerciali e della logistica con riferimento alla movimentazione su container di merci varie e di Ro-Ro, con volumi progressivi attesi che potrebbero essere anche superiori a quelli consentiti dalla capacità massima del molo polisettoriale. Si prevedono così significativi investimenti sul piano economico-finanziario con ricadute occupazionali rilevanti. La Yilport Holding, oltre ad essere tredicesimo operatore terminalistico portuale a livello mondiale, è interamente controllato dal Yildirim Holding che, a sua volta, possiede il 24% del capitale del gruppo armatoriale francese della CGM che è il terzo vettore marittimo al mondo nel settore dei container. Ora è auspicabile che la domanda di concessione della società turca risponda ai rigorosi criteri definiti per l’assegnazione delle aree demaniali, così da rilanciare integralmente il polisettoriale e dare occupazione se non a tutti almeno ad una larga parte dei 520 ex dipendenti della TCT che, al momento, hanno un’indennità di mancato avviamento al lavoro e sono gestiti dall’Agenzia del lavoro portuale appositamente costituita. Ma questa domanda di concessione dimostra ancora una volta la capacità attrattiva dello scalo ionico e del suo molo polisettoriale il cui pieno rilancio è sperabile che si coniughi quanto prima - dopo la definitiva aggiudicazione del Gruppo Ilva - con la ripresa a pieno regime del Siderurgico, e delle movimentazioni di materie prime che la rendono possibile e dei beni finiti come coils, lamiere e tubi che sono i prodotti trainanti dell’impianto, anche se negli ultimi anni sono stati prodotti in misura inferiore al passato e in quantità ineguali fra loro.

IL PON In tal modo gli scali pugliesi si collocano con le loro criticità, ma anche con le loro novità e con le loro enormi potenzialità, nell’ambito del progetto dell’Area logistica integrata di Puglia e Basilicata, previsto dal Pon Infrastrutture e reti 2014-2020, ed elaborato lo scorso anno dalle due Regioni, dalle Autorità portuali pugliesi, da RFI e dall’Agenzia della coesione, con il pieno coinvolgimento del partenariato sociale e il supporto tecnico della RAM. Questo progetto nelle prossime settimane andrà al vaglio del Tavolo centrale, istituito presso il Ministero dei Trasporti e insediato il 12 luglio scorso per valutare i progetti delle 5 Aree logistiche dell’Italia meridionale e ammettere al finanziamento quelli più rispondenti a specifici criteri selettivi.
Le sfide dunque proseguono per il sistema della portualità regionale, c’è ancora tanto lavoro da compiere, anche se i passi sinora compiuti da tutti i soggetti interessati stanno andando nella giusta direzione che consentirebbe anche una forte accelerazione nel percorso intrapreso, per conseguire risultati significativi non solo al servizio dell’economia pugliese, ma di quella meridionale, nazionale e comunitaria, e collegandosi sempre di più ai grandi mercati intercontinentali.

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