Giovedì 27 Novembre 2025 | 09:36

L'«Urban Impressionism» di Dardust a Lecce: «Rifarei la Notte della Taranta. Oggi meno produzioni per gli altri, il progetto al piano è il mio passaporto»

L'«Urban Impressionism» di Dardust a Lecce: «Rifarei la Notte della Taranta. Oggi meno produzioni per gli altri, il progetto al piano è il mio passaporto»

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

NON TOCCARE Dardust

Il musicista e produttore racconta il nuovo giro nei palchi, che fa tappa all'Apollo sabato 29 novembre: «Nel 2022 passavo davanti a questo teatro e mi dicevano "Devi suonare qui". Finalmente ce l'ho fatta»

Giovedì 27 Novembre 2025, 06:00

Trasformare ogni palco in una tela sonora, dove pianoforte ed elettronica si intrecciano in un dialogo tra musica, arte e architettura. È la magia di Dardust (Dario Faini), che dopo aver conquistato le capitali europee e dato il via alla nuova leg del lunghissimo tour (già oltre 40 date) con un doppio sold out al Teatro San Babila di Milano, arriva al Teatro Apollo di Lecce sabato 29 novembre (ore 21.15) con lo spettacolo Urban Impressionism. Un viaggio immersivo e multisensoriale, arricchito per questa tappa da due brani inediti, da quelli contenuti nell'ultimo progetto discografico, Sunset on M. 2025 (INRI/Universal Music), che celebra i dieci anni dell’omonimo brano che segnò l’inizio della sua carriera, e da una rivisitazione inedita del repertorio storico. Biglietti disponibili su vivoconcerti.com e al botteghino del Teatro.

Faini, questa tranche di concerti è appena partita: cosa vedremo di «diverso» sul palco?

«È uno spettacolo rinnovato rispetto ai precedenti, c’è una scenografia nuova, un restyling a livello di luci, e io per la prima volta mi racconto molto, parlo. Non ci sono visual: li do io lasciando al pubblico la possibilità di immaginarli. È un live che puoi ascoltare chiudendo gli occhi, ma anche guardando. È un po’ trasformativo, come lo è per me, un viaggio che parte da un punto e ti fa arrivare trasformato».

I teatri come l'Apollo sono carichi di storia, come cambia la musica in contesti così simbolici?

«È sempre un onore per me suonare nei teatri, questo lo conoscevo perché quando facevo le prove per la Notte della Taranta (è stato maestro concertatore nel 2022, ndr.) ci passavo davanti e mi dicevano: "Devi suonare qui". Finalmente ci sono riuscito. È bello avere il pubblico seduto, ma a me piace trasformare il luogo, far alzare la gente, far fruire lo spazio come se non fosse tipicamente un teatro, perlomeno nell’ultima parte dello show. Non è tanto il luogo, ma è quanto la musica lo trasforma».

Quest’anno ha celebrato il decennio del brano che ha segnato l’inizio del suo percorso, cosa c’è ancora del Dardust del 2015 nei lavori attuali?

«Dei miei inizi c’è il tanto stupore. Non immaginavo che un progetto così potesse andare avanti, fare il giro d’Europa e del mondo. C’è tanta gratitudine: nulla è dato per scontato. Ogni cosa che avviene è un miracolo per me».

Ha lavorato sulla sperimentazione, sullo scardinare le convenzioni. Cosa significa innovare il genere senza tradire l’essenza della musica neoclassica?

«Per me non esiste un perimetro con regole fisse. Cerco di innovare non perché voglio farlo a tutti i costi, ma perché quel che ascolto deve creare stupore in primis a me. Se non mi emoziona, non vale la pena. La mia bussola principale sono io. Osare e avere coraggio è fondamentale: la spinta creativa è la stessa di dieci anni fa, e credo lo sarà per sempre».

È riuscito a portare avanti sia il suo lato artistico personale, che quello da autore e produttore di grandi successi: come convivono queste due dimensioni?

«Non penso mai al mercato, cerco di creare qualcosa di nuovo. L'equilibrio l'ho conquistato negli anni, ma i due aspetti cerco di separarli bene, non mischiarli troppo. L’attività da produttore comunque è minore rispetto a prima: sono più focalizzato sul mio progetto personale, è il passaporto per lasciare qualcosa di "mio"».

Notte della Taranta: rifarebbe un’esperienza del genere? Cosa porterebbe di diverso?

«È un'esperienza che ripeterei sicuramente, non quest’anno perché voglio avere tutto il tempo di fare le cose bene. Tre anni fa iniziai a lavorarci da ottobre-novembre, con molto anticipo, volevo fare la differenza. Non so cosa cambierei: io stesso sono cambiato, ho conosciuto nuovi generi. Seguirei la mia visione attuale, sperimentando altri territori».

Quest'anno sta terminando: un bilancio e un augurio per il prossimo

«Penso al mio primo Piano Concerto fatto con le orchestre, anche con la Magna Grecia, scritto appositamente per il circuito classico: una grande sfida, anche un po’ spaventosa, è molto complesso. E poi il nuovo disco, in generale continuare a scrivere e suonare».

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