"La Notte della Taranta e dintorni” ritorna a Parigi. Sarà in streaming online fino al 20 giugno, su iniziativa dell’Istituto di Cultura diretto da Fabio Gambaro, il film di Pietro Cannizzaro che racconta la pizzica salentina all’ombra del convento degli Agostiniani di Melpignano. In un montaggio veloce e ritmato si rivivono le emozioni della Notte della Taranta nel passato, attraverso la musica e le parole di Uccio Aloisi, Claudio “Cavallo” Giagnotti, Cesare Dell’Anna, Cinzia Villani e molti altri. «L’unico personaggio che non è musicista - chiarisce il regista - è da sempre la mia guida e il mio riferimento nel Salento: Maurizio Nocera». Nel Salento ha girato oltre che “La Notte della Taranta e dintorni” anche “Ritorno a Kurumuny”, “Ritratti dal Salento” e “Tradinnovazione - Una musica global”.
Cannizzaro, come nasce l’iniziativa?
«Il documentario fu presentato all’Istituto di Cultura a Parigi già nel 2016, in una serata franco-salentina, cui prese parte anche Daniele Durante. In questo periodo, per via del coronavirus, questo modo di comunicare è sempre più diffuso. Il film ha 20 anni e non è stato mai dimenticato, anzi è diventato un cult nell’ambito dei film musicali».
Perché pensa che il film abbia avuto tanto successo?
«È stato il mio terzo lavoro nel Salento, che ho scoperto negli anni ‘90. Allora non era il Salento che conosciamo oggi, altrove le persone lo confondevano con il Cilento. Uno dei motivi del successo potrebbe essere che il Salento è diventato “alla moda”. Certo, all’epoca c’erano 30mila persone alla Notte della Taranta, ma aveva comunque una connotazione più locale di adesso. Ora tutto si è trasformato: abbiamo Belen che presenta un format televisivo. E guardando il mio film, la gente torna a sentire l’atmosfera del passato, quella dell’improvvisazione positiva. Quando sono venuto a girare il film, non mi si dava neppure retta, con l’eccezione della Provincia con Luigi De Luca, che quando è nata l’Apulia Film Commission citava il mio film come uno dei primi ad aver dato un contributo alla conoscenza internazionale della pizzica. Inoltre, la pellicola viene oggi riscoperta perché racconta una Notte della Taranta che non c’è più - e ognuno può dare un significato diverso al cambiamento».
Uccio Aloisi non fu sul palco nel 2001, ma è stato incluso nel film.
«Avevo intuito che Aloisi fosse un personaggio che esprimeva molto. Il mio non è un film solo sulla serata finale, ma sulle interpretazioni di un fenomeno, infatti Uccio apre e chiude la pellicola».
Uccio non c’è più insieme ad altri personaggi del film, come Pino Zimba.
«Naturalmente ho un ricordo personale di queste persone. Zimba lo ricordo sanguigno, tutto musica e tamburello. Sarà che ho inserito queste persone in diversi film e rappresentano qualcosa di importante per me: è come se ci fossero ancora, come fossero ancora in vita».
Pensa di tornare nel Salento per ragioni artistiche?
«Per i pasticciotti. In realtà, avevo un progetto che riguardava in qualche modo l’etnomusicologo Alan Lomax, ma è fermo. Spero di trovare presto un’occasione per tornare. Ho frequentato il Salento da regista dalla metà degli anni ‘90 fino ai primi 2000, il che non è usuale. Una volta proiettammo il film alla Cineteca di Milano: erano convinti che fossi salentino e chiamarono Edoardo Winspeare per rintracciarmi».