Lunedì 08 Settembre 2025 | 22:11

Steve Vai infiamma di rock il «Petruzzelli»

 
Nicola Morisco

Reporter:

Nicola Morisco

Il teatro di Bari stracolmo e in delirio: cori pubblico-chitarra. La tecnica alle corde di un'icona della musica

Martedì 05 Luglio 2022, 10:57

11:04

Icona della chitarra elettrica. Tecnica mostruosa e velocità esecutiva capace di superare quasi la barriera del suono, come nella sua versione del Capriccio Numero 5 Op. 1 di Paganini rilanciata nel film campione di incassi «Crossroads» («Mississippi Adventure») di Walter Hill, che lo eternò anche sul pianeta Hollywood come mito nei panni del «chitarrista diabolico» nel duello a colpi di riff. Sciabolate che sanno toccare i neuroni ma anche il cuore, tapping a due mani, pennata alternata, legato, pennata ibrida, acrobazie di whammy bar, questo e tanto altro è Steve Vai, uno dei più grandi e influenti chitarristi viventi, che ha mandato letteralmente in delirio il Petruzzelli di Bari l’altra sera, stracolmo fino all’inverosimile, e con tanti fan rimasti all’asciutto per mancanza di posti, nella tappa dell’«Inviolate Tour». Una serata organizzata da Bass Culture che ha trasformato il teatro in un tempio del rock, terminata con una ovazione senza fine, con duetti tra il pubblico che rispondeva in coro alle frasi chitarristiche miagolanti, quasi parlanti di Vai: botta e risposta. L'amore per Vai è infinito, come dimostra la foto pubblicata qui in camerino al fianco del chitarrista jazz barese Alberto Parmegiani.

Nonostante i suoi problemi dovuti a ben tre operazioni ai tendini subite alla spalla, quando Steve impugna una delle sue 15 chitarre Ibanez, il principale marchio assieme a Gibson e Fender, del quale come endorser ha moltiplicato a dismisura le vendite, riesce letteralmente a ipnotizzare. Alternando però stavolta le solid-body quali la mitica EVO a modelli mai utilizzati prima, come per esempio una semiacustica, con un uso estremo anche degli arpeggi a dita nude, dissonanti e jazzati.
Il 62enne newyorkese Steven Siro Vai – i suoi nonni erano di Dorno, in provincia di Pavia e dell’hinterland di Milano - che esordì negli anni Ottanta come frontman e collaboratore di uno sbalordito Frank Zappa, nella tappa barese al teatro Petruzzelli ha messo in mostra tutto il suo talento, insieme alla micidiale band composta da: Dave Weiner (chitarra e tastiere), Philip Bynoe (basso) e Jeremy Colson (batteria).

Tutto è cominciato dopo l’intervista rilasciata alla «Gazzetta». Il chitarrista e compositore dopo aver raccontato del suo nuovo album «Inviolate» e dei contenuti del concerto di domenica scorsa, ci ha chiesto se potevamo consigliargli una pasticceria dove organizzare la festa a sorpresa per il compleanno della moglie, la bassista statunitense Pia Maiocco ex componente della band Vixen. Cosa che poi il chitarrista, grazie al nostro consiglio, alle 13 in punto ha realizzato nel bar pasticceria di Salvatore Petriella, incastonato nel Politeama, con la torta «Seduzione» sormontata da una incredibile candelina musicale floreale che poi ha continuato a suonare «Happy birthday» perfino nel cestino, inesausta. Per noi, poi, è stato un privilegio assistere alle prove del live, per il quale stuoli di fan pagavano un notevole sovrapprezzo, oltre che entrare nel camerino dove, tra le tante leccornie, non poteva mancare la focaccia barese per la quale Vai ha perso la testa: «È davvero squisita», il suo commento. Poi è lui stesso, umile, affabilissimo, a chiederci di immortalare il nostro incontro con un selfie.

Ma veniamo allo straordinario live. Steve Vai mette subito in chiaro le sue intenzioni con «Avalanche», presente nell’ultimo lavoro discografico. Musica che passa dal rock metal al jazz, dalla musica contemporanea stile Zappa al prog e al blues. In alto scorrono video meravigliosi, ruota in tridimensione il suo marchio esoterico spirituale col triangolo, stralci di video che hanno fatto impazzire i fan, dai tempi di «Passion and Warfare» in poi. Piomba la marziale «Balls of gold», poi la straziante, strafamosa «Tender surrender» che è tutta un brivido, c’è gente, dai 30 ai 60 anni, con gli occhi lucidi. Le arditezze si moltiplicano nel prog sperimentale, squarci di jazz con «Lights are on», e via con «Candle power», il micidiale solo del tatuatissimo Colson che fa impazzire la folla. Avanzano le progressioni alterate di «Greenish blues», i brani si susseguono con varietà sperimentalistica, finché Steve torna con la Jem dalla tastiera a led per l’epocale «Bad Horsie», ennesimo brano-mito di chitarra elettrica, con un solo però variato, fuori tonalità, fino all’altra hit, la commovente «Whispering a prayer», che trascina a ripetute ovazioni, annunciata da un dolcissimo, stupendo video di un feto che alla fine mostra il volto di Vai bambino.
Dopo la trionfale «Liberty», un classico da fine concerto, e la precedente dedica alla moglie «Pia amore della mia vita», suggellata da una convivenza risalente agli ‘80, il dio della chitarra, ma più ancora della musica, chiama alla voce un tenore da lui appena scoperto: il road manager che intona in italiano con lui all’unisono una inimmaginabile «For the love of god», uno dei più bei brani per chitarra rock di tutti i tempi, che lancia davvero il pubblico nello spazio della spiritualità, che è la vera casa di questo gigantesco artista. Grazie, Steve.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)