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L'incontro con l'altro ai piedi della Torre

 
Silvio Perrella

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Silvio Perrella

Sedersi a guardare tra passi e soprabiti

Tutti pensiamo di essere unici anche quando facciamo esperienza di gemellarità. Ci sono io e nient'altro

Giovedì 27 Aprile 2023, 10:08

Il Campo dei Miracoli lampeggia in un pomeriggio avanzato di fine aprile.
Come sono bianchi i suoi monumenti, così sapientemente asimmetrici, tenuti insieme da un prato che del suo verde fa sintassi tra le parti; e come il cielo si dispone non solo come un fondale dall’azzurro cangiante ma soprattutto alla stregua di un cinema naturale dove le nuvole hanno un ruolo da protagoniste.
Il signor Acciuga ha trovato una panchina proprio sotto la Torre, dal lato che pende.
Tra le cromie pisane, lui è quasi trasparente; è acqua attenta; i suoi occhi s’infilano tra i dettagli, pronti a gustarsi il viavai dei viandanti fatto di uomini donne bambini animali ma anche dei loro sentimenti che il signor Acciuga perimetra e registra battendo le ciglia.
Per un po’ il suo guardare naviga nel generale, finché non lo vede apparire.
Viene da via Santa Maria. C’è una donna accanto a lui, forse la moglie.
Il signor Acciuga stringe gli occhi, quasi non riesce a capacitarsi, perché nell’uomo con la maglietta a righe, il ventre solo un po’ prominente, i sandali ai piedi, vede un se stesso ignoto.
Tutti pensiamo di esser unici, anche quando facciamo esperienza di gemellarità biologica.
Ci sono io e nient’altro; ci sono io che solo uno specchio fatto di superficie riflettente può duplicare.
E invece quanti come noi stanno camminando per le strade del pianeta, vestendo abiti diversi, parlando lingue a noi incomprensibili, entrando in case che non conosciamo, salendo su tram ignoti e sferraglianti su lungofiumi che sgorgano negli oceani più vasti e più sgomentevoli o che si perdono nel brulicare cementizio delle periferie.
Il signor Acciuga due si siede proprio accanto al signor Acciuga uno.
Dev’essere uno straniero, sembrerebbe un uomo venuto dal nord; ha i capelli chiari che fanno aureola sulla fronte, una carnagione chiara dove le efelidi nuotano come le trote in un fiume; soprattutto è totalmente sprovvisto di mento.
Anche la sua barbetta a punta fa a meno della punta; scende accanto alle orecchie allargandosi come una basetta marinaresca e s’interrompe nel vuoto.
I baffi invece sono folti e ben assestati sul labbro superiore e gli occhiali dorati mandano scintillii che il signor Acciuga uno si sforza d’interpretare.
Si è rivisto in quest’uomo senza mento non perché anche a lui manchi quella parte del viso, ma per qualche sortilegio istantaneo della somiglianza, per qualche rima misteriosa che la vista gli ha suggerito.
Entrambi i signor Acciuga sono seduti sotto la Torre, dal lato pendente.
Non si dicono nulla, gli basta questa vicinanza instabile, fatta di istanti destinati a perdersi tra i monumenti dei Miracoli, per stabilire un contatto frugale, una danza della rassomiglianza biologica.
In tempi d’individualismo sfrenato, questi due individui così originali, così asimmetrici come i monumenti dei Miracoli, fanno le fusa in silenzio.
L’uomo senza mento dà l’idea che voglia avvoltolarsi in se stesso come un serpente; il suo corpo fa una curva a punta di domanda; i sandali ai piedi si storcono solo un po’ per dar spazio agli alluci che devono essere stati le terminazioni pinnate di qualche pesce nordico di cui s’è perso il nome.
Anche il signor Acciuga si rintana tra le sue squame, come se una timidezza improvvisa attraversasse il suo corpo anfibio.
Il cielo nel frattempo va oscurandosi; sullo schermo indaco si proiettano le ultime scene girate dalle nuvole, attrici di un film fatto d’aria.
Stimolato dal contatto educato ma ben preciso della moglie l’uomo senza mento si alza e forse ignaro di essere stato accanto a un fratello speciale sparisce dietro la curva del Battistero.
Il signor Acciuga, rimasto solo, gira la sua panchina e osserva con attenzione la Torre; ne conta i tornanti a colonnini; sente che nella sua stortura c’è un qualcosa di prezioso, un’anomalia benefica, uno stimolo ad essere se stessi fino in fondo.
Forse, pensa, anche alla Torre manca il mento, come al suo quasi-sosia, che adesso sarà in fila nella trattoria lì vicina in attesa che la cecina fumante esca dal forno e s’infili prima in una croccante focaccia e poi nella sua bocca assaporante e storta.

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Silvio Perrella

La Panchina

Biografia:

La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.

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