«Al fianco di un grande uomo, quale fu San Bartolo Longo, l’avvocato di Taviano e fondatore del Santuario di Pompei canonizzato da Papa Leone XIV il 19 ottobre scorso, c’è spesso una grande donna. E in questo caso parliamo di una nobildonna barese, Marianna Farnararo De Fusco, nativa di Monopoli con antenati molesi, che fu cofondatrice del Santuario di Pompei ma resta ingiustamente dimenticata». A rivendicare il riconoscimento di questa importante figura femminile pugliese sono diversi storici della Chiesa e don Franco Fanizza, il parroco emerito del Sacro Cuore di Gesù a Mola di Bari impegnato, ad un secolo dalla morte della contessa, nella divulgazione della straordinaria opera della donna nata a Monopoli nel 1836, figlia di Rosa Martinelli discendente da una famiglia di Mola, e deceduta a Pompei nel 1924.
La contessa fu figura chiave, al fianco del marito, il santo Bartolo Longo, nella fondazione del Santuario Mariano di Pompei e delle annesse opere di carità, come l'Orfanotrofio Femminile, che le valse l'appellativo di «Mamma delle orfanelle». «Marianna è tra le figure femminili di spicco della Puglia e del Meridione d’Italia», spiega ancora il sacerdote e storico. La nobildonna destinò tutti i suoi averi alla costruzione della Basilica di Pompei, di un orfanotrofio, di una scuola di arti e mestieri per i figli dei carcerati. Marianna era una donna emancipata ma, sostengono gli storici e suoi biografi, a lungo dimenticata, a differenza di suo marito, celebrato e beatificato nel 1980 e canonizzato due settimane fa.
In occasione del centenario della sua morte, monsignor Giuseppe Favale, vescovo di Conversano-Monopoli, affermò testualmente: «Ci sono elementi che possono indurre ad avviare un processo canonico». La nobildonna Marianna Farnararo, la benefattrice che ideò e finanziò il Santuario di Pompei. L'appello del sacerdote e storico don Franco Fanizza, perchè non resti nell'oblio la figura della nobildonna, moglie di San Bartolo Longo (l'avvocato e benefattore di Taviano canonizzato il 19 ottobre scorso da Pala Leone XIV). Secondo il vescovo Favale, ci sono elementi che possono indurre ad avviare un processo canonico.














