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Taranto, il marito si difende: «Volevo rianimarla, non strangolarla»

 
Francesco Casula

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Francesco Casula

Taranto, incidente di Punta Penna con tentato omicidio

Il giudice non gli crede e l'uomo resta in carcere. Negati i domiciliari in casa dei genitori

Giovedì 31 Marzo 2022, 11:08

TARANTO - «Non la stavo strangolando, erano dei tentativi di rianimare mia moglie dopo l’incidente». È la spiegazione che ha fornito al giudice il 57enne arrestato dai poliziotti lo scorso 26 marzo con l’accusa di aver aggredito la donna dopo aver avuto un incidente stradale sul ponte «Punta Penna» di Taranto. È quanto emerge dall'ordinanza firmata dal gip Giovanni Caroli che, al termine dell’interrogatorio di convalida del fermo, ha confermato la custodia cautelare in carcere dell’uomo difeso dall’avvocato Luca Balistreri.

La versione fornita dall'indagato, per il magistrato, non è chiaramente credibile essendo palesemente in contrasto con quanto dichiarato dagli automobilisti che, dopo l'impatto, sono intervenuti per offrire soccorso e si sono ritrovati di fronte a una scena ancora più terribile. «In un primo momento – ha raccontato uno dei testimoni ai poliziotti – pensavo la stesse rianimando, dal momento che la donna era chiaramente la vittima dell'incidente, tuttavia l'uomo improvvisamente sferrava un calcio in testa alla donna stesa a terra, mi lanciavo verso di lui per allontanarlo e l'uomo cercava di colpirmi». In quei momenti terribili la donna, disperata, si è rivolta proprio all'automobilista: «Aiuto, non mi lasciate sola con lui» ha implorato mentre era riversa sull'asfalto. In quel momento, però, il 57enne «senza alcun preavviso – ha aggiunto il testimone – si lanciava verso la donna ancora a terra afferrandola con entrambe le mani al collo nel tentativo di strangolarla. Lo allontanavamo di nuovo e l'uomo vista la situazione e l'intervento di altri automobilisti si dava alla fuga a piedi».

Per il magistrato, l'uomo oltre alla stretta alla gola e al calcio «violentissimo» alla testa, aveva piazzato il suo ginocchio sul torace della donna «per compromettere la funzione vitale della respirazione». Insomma l’avrebbe colpita «più volte e con violenza massima ed in punti vitali» nonostante «le condizioni di estrema fragilità della donna, inerme e già provata» dall’incidente stradale che proprio l'uomo aveva causato. Per il gip Caroli tutto questo spiega la «pervicacia dell’intento aggressivo» che «appariva potenzialmente letale» ed è anche per questo nei suoi confronti è stata confermata l’accusa di tentato omicidio aggravato, oltre che di lesione e resistenza a pubblico ufficiale: l’uomo, infatti, si è scagliato anche contro i quattro agenti che tentavano di bloccare la sua fuga.

Dalle indagini, inoltre, è emerso che quell'aggressione è stata solo l'ultima di una lunga seria: da due anni, infatti, il 57enne aveva cominciato a usare violenza, fisica e verbale, nei confronti della moglie. La donna non ha mai denunciato i fatti, ma stando a quanto hanno confermato i figli della coppia, aveva deciso di divorziare e si era anche rivolto a un legale. L’uomo, tuttavia, aveva chiaramente dichiarato che si sarebbe opposto con tutte le sue forze. Proprio per quella furia senza freni, il giudice ha ritenuto che l'uomo debba essere ancora ristretto in carcere: inadeguata è stata ritenuta anche la misura degli arresti domiciliari a casa dei genitori del 57enne che avevano offerto la propria disponibilità all'accoglienza.

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