Mercoledì 10 Dicembre 2025 | 11:02

Baby gang del rione Tamburi a Taranto: i minori fuori dalla comunità

Baby gang del rione Tamburi a Taranto: i minori fuori dalla comunità

 
Alessandra Cannetiello

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Alessandra Cannetiello

Baby gang del rione Tamburi a Taranto: i minori fuori dalla comunità

Pena sospesa per i 5 ragazzi che potranno tornare a casa

Mercoledì 10 Dicembre 2025, 09:52

Potranno lasciare la comunità dove erano collocati per tornare dalle loro famiglie e ottenendo una condanna con pena sospesa - negata in primo grado - i cinque minorenni coinvolti nell’inchiesta sulla baby gang che aveva seminato il panico nel quartiere Tamburi a gennaio scorso. Tra gli episodi emersi dall’inchiesta, il blocco della circolazione stradale, l’aggressione ai carabinieri e un tentativo di linciaggio ai danni di un cittadino straniero 26enne.

A deciderlo è stata la Corte d’appello presieduta dal giudice Paola Incalza che ha confermato le pene a 1 anno e 2 mesi per quattro dei minori aumentando a 1 anno e 6 mesi (contro 1 anno e 4 mesi del primo giudizio) per il quinto imputato, come chiesto dalla Procura. Solo nei confronti di questo ultimo, che era stato assolto dalle accuse di concorso in resistenza a pubblico ufficiale e di blocco stradale, il pubblico ministero Lelio Festa aveva infatti impugnato la sentenza.

Una decisione, quella dei giudici della Corte, che modifica sostanzialmente l’esito del primo processo. Nelle motivazioni di primo grado il collegio aveva stabilito che i minorenni dovessero restare in comunità per favorire un processo rieducativo che li tenesse lontani da quel «branco» in grado di compiere azioni «violente sottese da logiche di dominio e prevaricazione», ritenendo per la «valenza criminosa» dei fatti e la «pericolosità delle condotte» degli imputati di non poter concedere loro la sospensione condizionale della pena.

Difesi dagli avvocati Fabio Cervellera, Marino Galeandro, Giuseppe Leoni, Andrea Maggio, Salvatore Maggio, Nicola Sarcinella, Glenda Schirano, Luigi Semeraro e Gaetano Vitale, i minorenni erano accusati di lesioni personali aggravate da odio razziale, resistenza a pubblico ufficiale e vilipendio. Sassi, ma anche altri oggetti contundenti che avevano provocato al 26enne ferite sul volto e al corpo guaribili in 20 giorni. All’arrivo dei carabinieri gli imputati con il volto coperto avrebbero cercato di bloccare l’auto di servizio usando i cassonetti come barricate, impugnando spranghe e lanciando pietre.

Il raid si era ripetuto poi anche due giorni dopo quella prima violenza: in 9 erano piombati nell’abitazione del 26enne mettendola completamente a soqquadro. Ma non è tutto. Il 27 gennaio, per gli inquirenti, due di loro avrebbero lanciato un petardo all’interno di un bus Kyma, dove erano presenti passeggeri e il 30 gennaio, altri due minori - accusati di violenza privata e violazione delle norme sulla circolazione – coperti da passamontagna, vestiti di scuro e brandendo bastoni di legno, assieme ad altre persone avrebbero sbarrato la carreggiata con dei cassonetti bloccando il mezzo di una donna costretta ad avanzare lentamente tra sputi e ulteriori lanci di pietre.

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