Mercoledì 10 Dicembre 2025 | 12:10

Ex Ilva, il Consiglio di Fabbrica chiede il ritiro del «piano corto» e un confronto urgente a Palazzo Chigi VIDEO

Ex Ilva, il Consiglio di Fabbrica chiede il ritiro del «piano corto» e un confronto urgente a Palazzo Chigi VIDEO

 
Redazione online

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Durante la riunione nello stabilimento di Taranto, sindacati e istituzioni locali denunciano il mancato rilancio industriale, l’aumento della cassa integrazione e il rischio di fermo degli impianti da marzo

Mercoledì 10 Dicembre 2025, 11:08

Si è svolto oggi, nello stabilimento di Taranto, il consiglio di fabbrica permanente dei Rsu di Fim, Fiom, Uilm e Usb, insieme alle categorie dell’appalto di Cgil, Cisl e Uil. La convocazione è arrivata all’indomani delle due giornate di mobilitazione che hanno visto una significativa partecipazione dei lavoratori di Acciaierie d’Italia, di Ilva in amministrazione straordinaria e delle ditte dell’appalto.

Gli scioperi tenuti in tutti i siti dell’ex Ilva hanno lanciato un messaggio diretto al Governo: ritirare il cosiddetto “piano corto” e convocare con urgenza un unico tavolo a Palazzo Chigi. Secondo i sindacati, il piano di rilancio annunciato non è stato realizzato, il riavvio degli impianti è incompiuto e resta in vigore la cassa integrazione per un massimo di 4550 unità, approvata senza accordo sindacale. La prospettiva, con l’attuazione del piano illustrato dal ministro Urso e dai commissari straordinari l’11 novembre, è di arrivare fino a 6000 lavoratori in cig, ai quali si aggiungono i circa 1500 dipendenti di Ilva in AS in cassa dal 2018.

«Siamo a un passaggio storico per i lavoratori e per la città di Taranto», si legge nel verbale, «ed è indispensabile cogliere l’opportunità per pianificare un nuovo futuro fondato su una transizione ecologica e sociale capace di garantire tutela ambientale, occupazionale e produttiva». La continuità produttiva, secondo le sigle, non può essere messa a rischio da un piano che viene definito «di fatto un piano di chiusura», capace non solo di interrompere attività fondamentali – come lo stop alle cokerie dal 1° gennaio 2026 – ma anche di aumentare la platea dei lavoratori inattivi, con conseguenti tensioni sociali su tutto il territorio.

Il consiglio di fabbrica chiede al Governo il ritiro del piano e l’immediata riapertura del confronto a Palazzo Chigi. È inoltre necessario garantire finanziamenti per la gestione ordinaria e la continuità produttiva: senza un intervento o un acquirente, lo stabilimento rischierebbe dal 1° marzo di non avere più la liquidità necessaria per proseguire le attività, con il conseguente fermo di tutti i siti.

I sindacati sottolineano come ogni soluzione debba tutelare i lavoratori diretti e quelli di Ilva in AS, protetti dall’accordo del 6 settembre 2018 grazie alla clausola di salvaguardia, insieme alle migliaia di addetti dell’appalto e dell’indotto, da sempre la componente più esposta.

Il verbale individua alcuni punti imprescindibili per una reale ripartenza industriale:

• realizzazione, nel più breve tempo possibile, di tre forni elettrici che andranno progressivamente a sostituire gli attuali altiforni, superando il ciclo integrale;
• costruzione di quattro impianti Dri a Taranto, considerati indispensabili per garantire la sostenibilità futura del sito;
• riavvio di tutte le linee di finitura, così da consentire il rientro dei lavoratori da anni in cassa integrazione;
• istituzione di una clausola sociale che assicuri la ricollocazione dei lavoratori dell’appalto, anche attraverso la creazione di nuovi impianti;
• misure straordinarie a favore dei dipendenti di ADI in AS, Ilva in AS e appalto, tramite strumenti di tutela sociale come lavori usuranti, ampliamento dei benefici previdenziali per l’esposizione all’amianto e incentivi all’esodo.

Fim, Fiom, Uilm, Usb e le istituzioni locali – Comune di Taranto, Provincia di Taranto e Regione Puglia – si impegnano congiuntamente a utilizzare ogni strumento possibile affinché le richieste contenute nella piattaforma trovino risposte concrete da parte del Governo, accusato di procedere senza coinvolgere lavoratori e comunità ionica.

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