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Taranto, immunità a Mittal: la Procura scrive al Senato

 
Mimmo Mazza

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Mimmo Mazza

Settimana decisiva per il parere consultivo della Commissione Industria del Senato

Lunedì 07 Ottobre 2019, 10:05

Potrebbe essere la settimana decisiva, quella che inizia oggi, per il parere consultivo della Commissione Industria del Senato per la conversione del decreto legge cosiddetto «Imprese» che contiene, tra l'altro, il ripristino delle tutele legali per ArcelorMittal, gestore dal novembre 2018 dello stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto. Le tutele erano state fortemente modificate con il decreto «Crescita» varato a giugno, facendo prevedere il loro esaurimento lo scorso 6 settembre. La minaccia di ArcelorMittal di chiudere lo stabilimento di Taranto, ha fatto cambiare idea al Governo che con il decreto «Imprese» ha invece ripristinato l'immunità penale, varata dal governo Renzi nel gennaio del 2015, assicurandola sino al termine del piano ambientale, ovvero fino all'agosto del 2023, termine ultimo concesso alla multinazionale dell'acciaio per mettere a norma la fabbrica di Taranto. La conversione in legge del provvedimento, almeno per la parte riguardante l'acciaieria con il relativo articolo 14, appare però tutt'altro che scontata perché i parlamentari pugliesi del Movimento 5 Stelle sarebbero orientati a schierarsi per il «no» e anche la Procura di Taranto, con un documento firmato dal procuratore capo Carlo Maria Capristo e dall'aggiunto Maurizio Carbone e inviato al Senato, non lesina dubbi sulla bontà e sulla costituzionalità della norma.

Nelle quattro pagine spedite alla Commissione Industria del Senato, la Procura fa una breve ricostruzione della vicenda, ricordando l'ordinanza del gip di Taranto Benedetto Ruberto dello scorso 8 febbraio con la quale l'originaria immunità è stata sottoposta al vaglio della Consulta (l'udienza è in programma mercoledì prossimo). Capristo e Carbone non nascondono le proprie perplessità riguardo alla «modifica volta a prolungare l'operatività della disposizione che esonera da responsabilità penale o amministrativa i gestori dello stabilimento fino alla scadenza del piano ambientale» in quanto «appare poco conforme ai principi costituzionali concedere spazi temporali troppo ampi quando si discute di condotte che comunque mettono in pericolo l'ambiente, la salute dei lavoratori e delle popolazioni vicino al siderurgico che subiscono l'attività nociva emissiva dello stesso». La Procura ricorda che il termine ultimo per l'esecuzione del Piano Ambientale è fissato al 23 agosto 2023, ovvero «l'incredibile termine di 11 anni dal sequestro dello stabilimento avvenuto il 25 luglio del 2012» e dunque «condividendo le osservazioni del giudice di merito che ha sollevato la questione di costituzionalità, appare palese – per la Procura - che anche la dilatazione eccessiva del termine relativo alla cosiddetta immunità potrebbe portare diversi problemi di contrasto quanto meno con l'articolo 3 della Costituzione e con il diritto alla salute dei lavoratori e delle popolazioni costrette a subire le emissioni nocive dello stabilimento». Insomma, per la Procura di Taranto «seppure risultano apprezzabili ed efficaci gli sforzi tesi a delimitare meglio l'ambito di operatività dell'esonero da responsabilità penale e amministrativa per i gestori dello stabilimento e loro delegati, desta perplessità l'eliminazione di un termine breve per l'operatività della scriminante a favore di plurimi termini, piuttosto, e con un termine finale del 23.08.2023 ritenuto assolutamente eccessivo».

Una chiusura secca sulla conversione in legge del decreto Imprese sul punto che riguarda il siderurgico di Taranto giunge anche dal consigliere regionale del Pd Michele Mazzarano: «Il Senato non perda l’occasione di cancellare definitivamente l’immunità penale per i gestori dell’ex Ilva di Taranto». «Abbiamo denunciato fin dal primo momento - aggiunge Mazzarano - come questo provvedimento apparisse irrispettoso della salute delle popolazioni e, nostro avviso, anticostituzionale. Ora, con un atto concreto, il Parlamento può mettere la parola fine su una vicenda tra le più controverse della storia industriale e giuridica del nostro Paese. Auspico che questa posizione possa essere condivisa dall’intera maggioranza che sostiene il nuovo governo, e che anzi ne possa caratterizzare l’azione per il futuro. I tarantini e l’intero territorio ionico - conclude Mazzarano - meritano una risposta definitiva su questa vicenda, considerata un ulteriore sopruso che si aggiunge ai danni ambientali e sanitari».

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