Avrebbero dovuto rappresentare il territorio di Bari a Tokyo, nel prossimo luglio, nell’appuntamento per eccellenza dello sport. L’Olimpiade, però, è stata rinviata. Di un intero anno. Uno slittamento reso necessario dall’emergenza sanitaria che ormai ha investito il mondo intero. La pandemia da coronovirus, però, ha portato con sé una serie di incognite anche su chi si stava preparando alla competizione a cinque cerchi.
Un discorso valido anche per Domenico Montrone e Massimo Stano. Trentatrèanni, canottiere barese in forza alla Fiamme Gialle il primo: era già presente quattro anni fa a Rio de Janeiro, quando conquistò uno splendido bronzo nel quattro senza. Una specialità nella quale vanta anche un argento mondiale ed un oro europeo, entrambi ottenuti nel 2017. Ventisette anni nato a Grumo Appula, invece, è Stano, marciatore primatista nazionale nella 20 chilometri. Un record ottenuto lo scorso giugno a La Coruna, in Spagna. Tra i suoi trionfi, però, vanno sottolineati anche l’argento agli Europei under 23, nonché il bronzo del 2018 nei mondiali di marcia a squadre. Il sogno olimpico per entrambi era davvero concreto: pressochè compiuto il viaggio virtuale verso il Giappone di Stano, mentre Montrone si sarebbe giocato tutto a fine maggio. Se fossero arrivati a Tokyo, sarebbero stati tra le maggiori speranze di medaglia per la nostra terra.
Ma se questo è un comune denominatore sul piano sportivo, c’è un altro punto di contatto. La voglia di prendere la notizia del rinvio con spirito battagliero. Con la positività di avere un’occasione in più, non di perdere la chance della vita. «Non posso certo dire che sia stata una decisone improvvisa», afferma Domenico Montrone. «Purtroppo siamo in questa situazione fin da febbraio: con il passar del tempo vedevamo competizioni rinviate o addirittura annullate. In questo clima, non si intravedeva proprio la possibilità che tutto si risolvesse entro fine luglio. Certo, sulle prime è stato uno shock, ma soprattutto perché lo spostamento di un anno addirittura di un evento come l’Olimpiade fa pensare che la battaglia contro il virus sia ancora lunga. Poi, però, ho cercato di cogliere l’opportunità pur in un dramma. Il mio equipaggiamento sarebbe stato l’otto e avremmo conosciuto la nostra sorte verso fine maggio. Vorrà dire che avremo più tempo per essere sicuri di essere ai Giochi».
«Diciamo la verità: la notizia era nell’aria», fa eco Stano. «Non posso mentire: all’inizio l’ho presa male. Virtualmente ero tra i sicuri partecipanti all’Olimpiade. La matematica certezza sarebbe arrivata a metà maggio con i campionati del mondo. Tuttavia, avevo tutte le credenziali per partire per il Giappone. Un anno può cambiare tante cose. Soprattutto l’approccio agli allenamenti e alle competizioni. Quando lavori in vista di un’Olimpiade l’adrenalina è al massimo perché sai che ti stai giocando l’occasione della vita. Quando un traguardo si allontana, inevitabilmente allenti la tensione. Ecco, la mia sfida sarà proprio quella di non mollare e allenarmi al massimo delle possibilità, come se i Giochi fossero imminenti».
L’attuale emergenza ha anche condizionato la preparazione dei due atleti. «Per la verità - afferma Montrone – io ho contenuto il danno. In casa possiedo l’attrezzatura completa per lavorare a secco con il rowing: diciamo che si simula bene ciò che avviene in acqua. Come soluzione temporanea può andare, ma è scontato che alla lunga non si poteva proseguire solo con questo training». «Le ultime limitazioni alla libertà - aggiunge Stano - rendevano obiettivamente impossibile la quotidianità di un marciatore. Se non ci fosse stata una svolta in positivo, preparare un’Olimpiade in queste condizioni sarebbe stato impossibile. In tal senso, il rinvio è una tutela anche alla preparazione da eseguire».
I due ragazzi baresi, infine, pongono l’accento sul valore dell’esperienza. «Ho avuto la fortuna di vivere un’Olimpiade - dice Montrone - ed assicuro che la gara è soltanto l’apice di due settimane indimenticabili. Non poter girare per il villaggio, vedere dal vivo autentici miti dello sport o addirittura confrontarsi con lo spauracchio di gare a porte chiuse non avrebbe reso giustizia ai Giochi».
«La mia prima Olimpiade - concorda Stano - non può essere un’esperienza a metà. Voglio viverla pienamente, con il tifo della gente, con il contatto con gli altri atleti, con la magia del villaggio olimpico. Ridurre tutto a dover fare le gare solo per rispettare un calendario, magari senza pubblico o con la paura dei contagi latente non avrebbe reso giustizia ai Giochi. Spero che tra un anno il coronavirus sia solo un lontano ricordo. E che questa Olimpiade tanto attesa diventi per tutti la festa della libertà ritrovata dopo le sofferenze di questo periodo».