Riunioni, confronti, lunghi conciliaboli. Il momento del Bari è tremendo: urgono decisioni forti. La debacle con la Reggiana è l’ennesimo segnale di un avvio di stagione da tregenda. La squadra non dà segni di ripresa, continua a fornire prove di allarmante pochezza tecnica e caratteriale. Il gruppo è fragile, privo di una vera identità, puntualmente incapace di reagire alla minima difficoltà.
Sei punti in otto gare, recita uno score da allarme rosso. «Una media da retrocessione», come ha sentenziato il direttore sportivo Giuseppe Magalini, il primo a salire sul banco degli imputati: il massimo dirigente dell’area tecnica (coadiuvato dal «vice» direttore sportivo Valerio Di Cesare) è l’architetto di un complesso che appare lacunoso in ogni settore e privo di peculiarità imprescindibili in B come corsa, furore agonistico, ritmi alti.
Caserta appeso a un filo Una cosa è certa: il Bari attualmente non può competere per gli obiettivi ambiziosi annunciati dalla proprietà. Tuttavia, occorre almeno salvare la categoria, ad ogni costo. Perché una retrocessione a soli due campionati dal termine imposto dalla Figc per dismettere la multiproprietà potrebbe portare al naufragio di qualsiasi trattativa per coinvolgere gli investitori poi deputati a subentrare alla famiglia De Laurentiis. Serve una sterzata decisa, prima che sia troppo tardi. Il tecnico Fabio Caserta è appeso ad in filo sottilissimo. Numeri e prestazioni avrebbero dovuto indurre il club a serie riflessioni già all’inizio delle due settimane di sosta appena trascorse. Invece, la soffertissima vittoria sul Padova ha fatto propendere per la fiducia all’allenatore calabrese. Ed ecco il primo elemento da valutare: sarebbe imbarazzante, infatti, procedere alla sua sostituzione, rimangiandosi a tutti gli effetti, la scelta di confermarlo assunta appena quindici giorni fa. Tuttavia, è pur vero che continuano a mancare fattori che giustifichino una fiducia a oltranza. La proprietà avrà un ruolo determinante. Perché attualmente anche le azioini del duo Magalini-Di Cesare sono in netto calo. Perciò la scelta spetterà innanzitutto al presidente Luigi De Laurentiis. La sensazione è che Caserta abbia poche chance di restare in sella. A meno che non si raggiunga una convergenza sul suo eventuale successore.
Rosa ristretta dei «papabili» Doverosa una premessa. Finora il giro di orizzonti effettuato per individuare una nuova soluzione è piuttosto embrionale. Perché il valzer dei quattro allenatori che si sono alternati nel 2023-24 per poi strappare la salvezza soltanto ai playout spaventa non poco. Ma almeno quel complesso ampliò le sue difficoltà da febbraio in poi, fino a precipitare nel dramma. La squadra attuale, invece, è già impantanata nei bassifondi. La logica del «portafoglio» impone di valutare il ritorno di Moreno Longo, già sotto contratto (con un ingaggio di oltre 300mila euro) fino al prossimo 30 giugno. Il mister piemontese non ha creato particolare sintonia con Magalini e Di Cesare che, però, potrebbero avere relativa voce in capitolo. Il problema è che il rapporto non è decollato nemmeno con Luigi De Laurentiis. Servirebbe una complessa opera di conciliazione, insomma. Eppure Longo possiede concretezza e personalità per superare un frangente drammatico: in carriera gli è già capitato di dover risollevare (eclatante l’esempio di Como) squadre partite con ambizioni e poi impelegate nelle difficoltà. Per il resto, i piani all’orizzonte sarebbero due. Il primo, effettuare un investimento su un tecnico di conclamato spessore per ripartire a 360 gradi: in tal caso, il prescelto sarebbe Roberto D’Aversa. Ma per convincere il mister ex Parma, Lecce ed Empoli servirebbe un programma ad ampio raggio, con un vincolo biennale a cifre consistenti. Una strada impervia, dunque.
L’alternativa è puntare su un allenatore navigato, carismatico, in grado di calarsi subito in una realtà complessa. Rolando Maran, in tale novero, sarebbe un candidato forte. Il 62enne trentino ha già guidato il Bari dall’estate del 2006 a febbraio 2007, con alterne fortune: sabato era proprio a Reggio Emilia e sembra che, malgrado le evidenti lacune, abbia colto comunque del potenziale inespresso tra i Galletti. In seconda battuta, ecco Attilio Tesser e Leonardo Semplici. Il primo è reduce da una salvezza miracolosa ottenuta in C a Trieste. Il secondo è finito, invece, nel «tritacarne» della tribolatissima stagione della Sampdoria. Attenzione, infine, ad un’opportunità dell’ultim’ora. Sembra scontato, infatti, l’esonero di Luca D’Angelo allo Spezia. Il tecnico pescarese è da sempre apprezzato dalla società pugliese che più volte lo ha cercato. La perplessità, però, è legata alla possibilità di affidarsi ad una guida reduce da un pessimo avvio di stagione.
Tuttavia, l’allenatore non è l’unico capitolo discussione. L’esonero del direttore sportivo Giuseppe Magalini non è un’ipotesi remota, ma un’altra delle riflessioni portare avanti dalla proprietà. Il dirigente nato in Veneto, ma mantovano d’adozione non si è mai integrato nella nuova realtà: oltre a risultati modesti non ha inciso, né portato una strategia decisa. Arrivato con l’etichetta di «scopritore di talenti» non ha mai nemmeno portato giovani che aumentassero il valore patrimoniale della squadra. Senza tralasciare una comunicazione spesso confusa e contraddittoria. Se la questione tecnico è urgente, l’argomento ds non potrà certo essere rimandato troppo avanti, dato che la squadra avrà bisogno di una robusta rivisitazione a gennaio. Sotto osservazione, infine, persino Valerio Di Cesare: è pur sempre l’uomo che accompagna i De Laurentiis dall’alba del loro corso, ma l’ex capitano non si sta dimostrando ancora pronto ad un ruolo dirigenziale di primo piano. Tutti imputati, dunque. Oggi, in ogni caso, il dado sarà tratto. La squadra riprenderà ad allenarsi in sede, ma a porte chiuse. Concreto, infatti, il rischio di una forte contestazione da parte dei tifosi. Ad una piazza mortificata, umiliata e al momento priva di prospettive ambiziose, resta almeno la possibilità di palesare il suo malcontento.