Giampiero Ventura torna in pista. Il ct della mancata qualificazione al Mondiale del 2018 ricomincia dal Chievo. Una resurrezione dopo un lungo, lunghissimo letargo. Dove eravamo rimasti? Le ultime tracce del tecnico che ama far «frullare la palla», del «se vogliamo, possiamo» o del «ricordiamoci da dove veniamo», si perdono nella notte dei tempi calcistici. Era il 13 novembre del 2017, più o meno un anno fa. Da quel giorno, da quella sera infausta per il calcio di casa nostra, Ventura ha iniziato a vivere un personalissimo calvario. Lo 0-0 contro la Svezia a San Siro nel playoff di ritorno, sanciva l’uscita di scena dell’Italia dal campionato del Mondo in Russia. La caccia al colpevole aveva già individuato nel «cittì» ligure l’unico vero responsabile della catastrofe azzurra. Lapidato a parole, massacrato sui giornali.
Da «Mister libidine» a «Mister fallimento» il passo è stato breve e tutto sommato facile da coprire. Perché, in fondo, un cittì è anche il parafulmine di tutte le disgrazie pallonare del calcio nazionale, poco importa la qualità dei giocatori, la mediocrità, senza offesa, di una squadra di secondo livello. Ma sempre superiore alla Svezia. Per mesi lo sport preferito in Italia non è stato il calcio, ma il «tiro a Ventura». Crocifisso forse ingiustamente, lui che però si rese più antipatico della sconfitta stessa per non aver rassegnato le dimissioni dopo la disfatta milanese. Già, ma chi in Italia si dimette? La discussione è aperta.
Riecco «Giampi», dunque. Per lunghi mesi in silenzio, prima di raccontarele sue verità di un uomo solo e accerchiato, stritolato dai giochi di potere che alla lunga hanno finito con il minare anche la Nazionale e con il far commissariare poi la Federcalcio e. Di errori il buon «Giampi» ne avrà pure commessi, ma resta il fatto di aver ricevuto un trattamento troppo pesante.
Una scelta coraggiosa, quella veronese dell’allenatore che a Bari ha lasciato più buoni che cattivi ricordi e dalla quale trasuda tutta la voglia del tecnico ligure di rimettersi in gioco dopo lo shock dello scorso autunno. Perché Chievo è una scelta coraggiosa. Il dover raggiunger la salvezza, il dover riportare in territorio positivo una squadra penalizzata e già data per spacciata, non farà altro che caricare a mille il «George Clooney» del pallone. Anche perché Ventura è un «Allenatore» di calcio più che un commissario tecnico; un uomo di campo, più che un selezionatore; un maestro nel vero senso di parole, uno che insegna tecnica e tattica allo stato puro.
In un calcio italiano sempre più internazionalizzato e sempre meno nazionalizzato, con tanti giovani italiani che faticano a trovare spazi perché se compri oltrefrontiera sei di moda altrimenti non lo sei, il ritorno di Ventura può essere un dettaglio importante. Lui che ama il mare e le piazze calde, dovrà rifare i conti con la nebbia e con la placida tifoseria clivense. La sua arte pallonara saprà risvegliare squadra e ambiente? La sfida è intrigante, servirà a lenire la «Grande Delusione». Io speriamo che me la cavo, giusto per citare il fortunato libro di Marcello D’Orta. Anzi, no. Io speriamo che me la Chievo.