È il 16 novembre 1961. «Mezzo secolo di cultura italiana», si legge su La Gazzetta del Mezzogiorno in terza pagina: Michele Abbate, giornalista e meridionalista di origini lucane, responsabile della pagina culturale del quotidiano, dedica un lungo articolo alla storia della Casa editrice «Gius. Laterza & Figli».
Si inaugura in quei giorni, a Milano, nelle sale di palazzo Sormani, sede della Biblioteca comunale, una mostra documentaria che celebra la lunga e straordinaria attività della casa editrice barese: «La Mostra offre una suggestiva e ragionata rassegna di cinquant’anni di cultura italiana ed europea attraverso i volumi, le fotografie, le lettere e i documenti esposti nelle diverse sezioni e che, pur riferendosi strettamente all’attività degli editori Laterza e dei collaboratori della loro Casa, favoriscono la comprensione di alcuni aspetti salienti di storia civile e culturale».
La Casa editrice è nata a Bari, ormai più di 120 anni fa, con l’idea di contribuire a far conoscere il capoluogo pugliese «anche come centro di cultura», non solo come emporio commerciale e industriale. Il 10 maggio 1901 Giovanni Laterza diffonde, infatti, una circolare con cui dà notizia della pubblicazione dei volumi della «Piccola biblioteca di cultura moderna», di fatto l’esordio della casa editrice. Laterza intende proporsi sul mercato come editore di cultura: constanter et non trepide è il motto scelto. La svolta avviene dopo l’incontro con Benedetto Croce, che Abbate, nel suo lungo e approfondito articolo, ricostruisce nei dettagli: il sodalizio con l’illustre filosofo salda le sorti della piccola iniziativa locale all’ambizioso programma crociano di costruire e diffondere una cultura di forte impianto idealistico e storicistico.
La collaborazione si concretizza, a partire dal 1906, con la rivista La Critica – inizialmente stampata a Trani dal tipografo Valdemaro Vecchi – e con la pubblicazione delle Opere di Croce. Con l’ascesa del regime, la casa editrice esprimerà la voce dell’opposizione antifascista militante, le cui prove più significative vengono esposte proprio nella mostra milanese. Conclude Abbate: «La negazione della libertà di pensiero e di stampa, nelle sue forme scoperte e in quelle subdole di interventi intimidatori e di ammonimenti paternalistici, trovò in Giovanni Laterza un risoluto antagonista, un duttile, caparbio, impavido oppositore. Si dovette a quest’opera assidua e snervante, a questa lotta impari se poté continuare ad uscire la rivista di Croce, se da Bari poterono continuare a irradiarsi per il mondo le opere dei maggiori ingegni italiani e se poté essere mantenuta viva una grande tradizione umanistica».