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Quella «passeggiata »russa all’esterno dell’astronave

 
Annabella De Robertis

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Annabella De Robertis

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Nel 1965 l’impresa del tenete colonnello Alexei Leonov

Mercoledì 19 Marzo 2025, 11:03

«A piedi nello spazio»: sessant’anni fa «La Gazzetta del Mezzogiorno» racconta la prima «passeggiata» di un cosmonauta al di fuori di un’astronave. La prima pagina del 19 marzo 1965 è interamente dedicata a questo storico evento. Mentre a Bari si inaugura un nuovo liceo scientifico in via Celso Ulpiani e a Taranto si combatte un’epidemia di poliomielite, mentre in Vietnam si consuma l’ennesima strage di bambini per un bombardamento su una scuola, in orbita si compie una straordinaria impresa. «Per la prima volta nella storia dell’umanità e in quella, così breve, ma già così densa di gloria, dell’esplorazione spaziale, un essere umano ha abbandonato la navicella, si è trattenuto ed ha «camminato... a piedi» nel vuoto cosmico per dieci minuti e quindi è rientrato nell’astronave a raggiungere il compagno di viaggio», sono le parole di Jay Axelbanks, corrispondente da Mosca dell’Associated Press International.

Siamo nel pieno della Guerra Fredda, ma soprattutto agli albori della sfida cosmica che per anni vedrà gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica contendersi il primato nell’esplorazione dello spazio. Il 18 marzo 1965 è la Russia ad aggiudicarsi una storica vittoria. Protagonista è, infatti, il tenente colonnello Alexei Leonov, nato trent’anni prima in Siberia: quella stessa mattina ha lasciato la Terra, insieme al colonnello Pavel Belyaev, a bordo della cosmonave «Voskhod 2» per compiere l’ottavo esperimento spaziale sovietico con esseri umani. Novanta minuti dopo il lancio, Leonov apre il portellone dell’astronave ed esce nel vuoto interplanetario, ripreso da una telecamera e protetto da uno speciale scafandro, innovazione sovietica, che lo protegge dalle radiazioni nocive, comprese quelle solari.

La trasmissione della «passeggiata» spaziale è diffusa in «intervisione»: i telespettatori nell’Urss e negli altri Paesi dell’Europa orientale possono guardarla in diretta. Leonov, oltre allo scafandro, porta sulla schiena due bombole ed è collegato all’interno della nave spaziale con un cavo di sicurezza, una sorta di «cordone ombelicale»: «Egli ha strisciato lungo la parete della Voskhod 2, mentre il cordone ombelicale si allungava nello spazio e in alcuni punti sembrava sembrava rigonfiarsi. Ha attraversato il campo visivo, disteso sul dorso, nella posizione di un nuotatore che fa il morto e in quel momento, ha precisato lo speaker, la sua velocità era di 8 km al secondo. Lo si è visto, con i piedi verso l’alto del teleschermo, compiere parecchi giri su se stesso. Si è vista allora una scena che, anche se mostrata da tanti film di fantascienza, sembra incredibile: mentre il disco della terra scorreva lentamente nella parte inferiore dello schermo, Leonov si è allontanato perpendicolarmente alla nave spaziale e la sua figura si è fatta piccola, come se si dovesse perdere nello spazio».

La diretta, tuttavia, si interrompe prima del rientro: anni dopo si saprà che il russo ha rischiato di non riuscire a rientrare nella navicella per il rigonfiamento della tuta spaziale. Leonov, con sangue freddo, riduce la pressione scaricando parte dell’ossigeno dalla tuta, correndo il pericolo di non riuscire più a respirare. Nessuno, sulla Terra, può sapere di questo dettaglio. «Secondo gli osservatori, appare indubbio che questa nuova impresa pone l’Unione Sovietica ancor più avanti, rispetto agli Stati Uniti, sulla ancor lunga strada che conduce ai pianeti del nostro sistema e, come è nel sogno degli scienziati, dovrebbe condurre ancora più lontano nell’universo», scrive senza mezzi termini il giornalista statunitense.

Non è un caso, d’altronde, che la spedizione sia stata lanciata a breve distanza dal previsto esperimento «Gemini 4», che gli Stati Uniti stanno per compiere: tre mesi dopo anche Ed White fluttuerà per 20 minuti nello spazio, sospeso ad un cavo lungo 7 metri. Nel 1969, con l’allunaggio di Armstrong, gli Stati Uniti avrebbero rovesciato il pronostico che li dava ancora indietro rispetto ai rivali sovietici, decretando una volta per tutte la propria superiorità in campo.

«Il volo della Voskhod 2 è una nuova tappa verso quell’appuntamento spaziale che sarà la base dell’astronautica di domani» si legge sul quotidiano. «Stazioni interplanetarie permanenti», prospetta l’editoriale della «Gazzetta», assemblate da operai direttamente in orbita per fungere da osservatori astronomici, da laboratori scientifici e - perché no? - persino da cliniche per la cura di malattie cardiocircolatorie! «E, per concludere, non si può non rilevare che questa ultima conquista nello spazio costituisce un notevole passo avanti sulla via della esplorazione dei pianeti». Sessant’anni dopo, la gara per portare l’uomo su Marte è, per il momento, tutta nelle mani di un Paese solo.

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