Mercoledì 01 Ottobre 2025 | 13:03

Gli sbarchi albanesi e la Pasqua del 1991

 
Annabella De Robertis

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Annabella De Robertis

Emiliano La Gazzetta del Mezzogiorno

Sul nostro giornale i racconti dei primi esodi che precedono l’arrivo della Vlora. Le pagine della «Gazeta Shqiptare»

Mercoledì 02 Aprile 2025, 09:52

«Una Pasqua con tanti amici per gli albanesi di Puglia»: trentaquattro anni fa «La Gazzetta del Mezzogiorno» racconta l’emergenza profughi, che è anche storia di accoglienza. Tra il febbraio e il marzo 1991, infatti, sono arrivate sulle nostre coste centinaia di imbarcazioni di fortuna gremite di migranti: le località della costa pugliese – da Bari a Otranto – sono i primi approdi di decine di migliaia di albanesi in fuga da una condizione disperata.

Una profonda crisi economica e sociale in un regime ormai morente ha generato l’esodo dal paese delle Aquile: in tanti desiderano sfuggire ad un clima repressivo alla ricerca di condizioni di vita migliori dopo quarant’anni di regime comunista e di isolamento. Con il sostegno della diplomazia internazionale un anno prima circa 5000 profughi hanno lasciato l’Albania, ma in Italia sono stati smistati solo poco più di 800 rifugiati. Tra il 6 e il 7 marzo 1991 a Brindisi arriva la prima enorme ondata di migranti da Durazzo: oltre 15000 disperati vengono prima trattenuti su due navi fuori dal porto di Brindisi, poi sbarcati senza avere un posto sicuro dove trascorrere la notte.

La «Gazzetta» si occupa ogni giorno dell’emergenza: lo straordinario sbarco spaventa l’opinione pubblica, ma ad indignare è la forte chiusura da parte del Viminale, che non intende accogliere quegli albanesi in quanto «non si stratta di rifugiati politici». Anche a Bari diverse migliaia di profughi, arrivati nelle ore successive, restano ammassati sul molo per troppe ore. Sono giorni di grande tensione: duro il braccio di ferro tra il Governo e le amministrazioni locali. Vito Lattanzio viene nominato Commissario straordinario per la questione albanese ma, come spesso accadrà anche in futuro, ad operare in prima linea ci sono la Croce Rossa, la Caritas e altre piccole e grandi associazioni di volontariato. Nei giorni successivi chi non è stato rimpatriato è accolto in edifici scolastici, istituti ecclesiastici e soprattutto in strutture turistico-alberghiere (camping, residence, hotel) sparse su tutto il territorio regionale e non solo. I centri di accoglienza più grandi sono organizzati a Bari nel campo militare «San Marco», nei pressi del Sacrario in via Gentile, e a Brindisi nel «Restinco»: in tendopoli di fortuna vengono trasformati anche i campeggi di Metaponto e Frassanito, dove si sfidano il freddo e il maltempo di quell’inizio di primavera. Non mancano iniziative di privati cittadini, che mettono a disposizione le proprie case per ospitare piccoli nuclei familiari ad Acquaviva, Monopoli e in molti altri Comuni pugliesi.

In questo contesto si consuma il lungo ponte pasquale di trentaquattro anni fa: alla cronaca delle consuete gite fuori porta – e delle code sulle strade per la foresta di Mercadante, per le località costiere del Gargano e del Salento – si aggiungono, sulle pagine de «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 2 aprile 1991, i racconti di due giornate anomale per chi ha finalmente trovato un po’ di serenità dopo settimane tremende. «Hanno trascorso la Pasqua in attesa continua di notizie sull’andamento delle votazioni in Albania i profughi albanesi ospitati da tre settimane nei campi allestiti dalla Protezione Civile e dall’Esercito in Puglia», si legge sul quotidiano. «In molti casi, i privati hanno offerto ospitalità per il pranzo pasquale a bambini o ad intere famiglie albanesi; la solidarietà dei pugliesi è stata espressa con l’offerta di uova o colombe. Nelle tendopoli è stata anche celebrata la messa di Pasqua, alla quale i profughi hanno partecipato numerosi. Nel «Camping Rancho» di Cagnano Varano, in Capitanata, la liturgia pasquale per i 400 ospiti albanesi è stata celebrata dall’arcivescovo di Manfredonia, mons. Vincenzo D’Addario; la direzione del campeggio ha organizzato una serata da ballo, mentre l’Aeronautica militare ed il Comune di Sannicandro Garganico hanno offerto uova pasquali, sigarette, francobolli e carta da lettera. Nel campo San Marco di Bari – gestito dall’Esercito e da volontari – la messa è stata celebrata in albanese da un sacerdote di Tirana». È la società civile che si mobilita per un’immensa opera di accoglienza e che, come sappiamo, dovrà intervenire anche pochi mesi dopo, nel pieno di una torrida estate.

Quelle elezioni del 31 marzo 1991 in Albania, le prime dopo la legalizzazione dei nuovi partiti politici, sono vinte, in un clima di proteste e violenze, dall’ex Partito del Lavoro, adesso Partito socialista. Il 10 aprile, si legge sulla «Gazzetta», viene distribuito per la prima volta, dopo mezzo secolo di isolamento, un giornale occidentale. Si tratta della «Gazeta Shqiptare», la versione albanese del nostro quotidiano nata nel 1939, quando il Paese, occupato dalle truppe di Mussolini, era Protettorato italiano. Non più strumento di dominazione culturale, la «Gazeta» questa volta si pone come risorsa per consentire agli albanesi di ricostruire gli itinerari dei loro familiari, che in quei mesi tenteranno ancora, disperatamente, di arrivare sulle nostre coste alla ricerca di una nuova vita.

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