«Prima del via mi sono dato due ceffoni, ma una volta cominciata la partita è finito tutto»: venticinque anni fa, sotto una pioggia scrosciante, esordisce in Serie A un ragazzo di 17 anni, di cui da circa un anno i tifosi del Bari non fanno che parlare. È l’11 dicembre 1999 e allo stadio di via del Mare non si gioca una partita di calcio qualunque, ma il derby Lecce-Bari. «Roba da non crederci se il protagonista non fosse Antonio Cassano. Terreno pesante, partita importante, tanti occhi addosso. Ma l’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Il baby bomber che fa già impazzire i baresi, che mette i brividi addosso per quel suo modo di stare in campo che ricorda indimenticabili beniamini della Nord di fede biancorossa (Maiellaro e Joao Paulo), l’ha afferrata con mani decise e sicure. Affidandosi all’arma che tutti vorrebbero avere a disposizione: il talento. Cristallino, come quello dei grandi campioni», scrive Antonello Raimondo su «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 12 dicembre.
«Lo reclamano le televisioni, locali e nazionali. Lo reclamano i giornalisti della carta stampata. Non ha fatto gol, ma è lui l’uomo del giorno, almeno in casa biancorossa. Tocchi morbidi, movimenti funzionali alle esigenze della squadra. L’idolo della Città Vecchia non si è scomposto, ha difeso il pallone quando ce n’era la necessità, ha rincorso gli avversari quando la squadra provava ad alzare il baricentro, ha giocato di fioretto quando le circostanze glielo hanno consentito».
Questa volta è andata male, è il Lecce a portarsi a casa il derby con il gol al 17° del secondo tempo di Conticchio, «ma il simpaticissimo Antonio non molla. Non abbiate dubbi, ci riproverà già sabato contro l’Inter». Il 18 dicembre è, infatti, già tempo di un’ulteriore sfida, ancora più ambiziosa. Il Bari di Fascetti affronta l’Inter guidato da Marcello Lippi, che schiera, tra gli altri, Vieri, Zanetti, Zamorano: in panchina – presto entreranno in campo – ci sono Recoba e Roberto Baggio. 2-1 è il risultato che resterà per sempre nella storia del Bari.
A incendiare il «San Nicola» è il «tandem delle meraviglie», quello composto da Cassano e dal nigeriano Enyinnaya, i due autori dei gol della vittoria, trentacinque anni in due: «Un Bari strepitoso, irriverente, trascinato - incredibile ma vero! - dalla freschezza, dalla grinta dalla fantasia, dalla velocità, dalla imprevedibilità di due ragazzini terribili, Cassano ed Enyinnaya. Un Bari spavaldo, autoritario, che ha finito con l’esaltarsi al cospetto di un’Inter annichilita, incapace di reagire, sempre in affanno» scrive Vito Marino il 19 dicembre. «Sognavo una notte così, ma un epilogo così pensavo facesse parte del mondo dei sogni»: dichiara il fantasista barese.
«Una variabile impazzita con licenza di far impazzire» titola la «Gazzetta». A Bari vecchia si festeggia fino a tardi: lì è nato Antonio Cassano, il «piccolo diavolo», il 12 luglio 1982, proprio nel giorno in cui l’Italia di Tardelli conquistava la coppa del mondo. Comincia a giocare a pallone con la Pro Inter, società di calcio giovanile, poi entra nella Primavera del Bari e si fa notare presto da Lello Sciannimanico: «pare essere nato con la palla tra i piedi», «il sorriso di quel mattacchione è un raggio di sole che illumina e ravviva gli avversari», «è nato per giocare a calcio e dare spettacolo», «due piedi che parlano», sono i primi commenti dei cronisti sportivi della «Gazzetta».
Pochi giorni prima di Natale, dopo la clamorosa vittoria contro l’Inter, diventa «campione di solidarietà», visitando il Fornelli, il carcere minorile di Bari, ed è travolto dall’entusiasmo dei ragazzi – «Mi auguro che questa gente possa cambiare mentalità», dichiara Antonio – oltre che dalla curiosità dei giornalisti, che lo assediano da giorni sotto casa. «Facciamolo crescere in pace e tranquillità, senza caricarlo di troppe responsabilità, di attese spesso controproducenti» - si rivolge ai suoi colleghi cronisti Fabrizio Nitti venticinque anni fa - «lasciamo stare la solita tiritera del riscatto, del ragazzino che viene dalla Città Vecchia, dei problemi e tanto altro attorno. Anche la Città Vecchia ha un suo cuore, un suo orgoglio, una sua cultura. Ed anche le sue tristi storie, come ce ne sono dappertutto in tutta Italia. Lasciamo stare. Questo è “soltanto” un giocatore di calcio. Anzi, un Giocatore di calcio attorno al quale una città intera si è improvvisamente ritrovata e vuole riconoscersi».