L’Agenzia delle Entrate recuperava, ad una nota società per azioni, l’Iva di rivalsa assolta su operazioni di acquisto di scansie e attrezzature simili per l’esposizione di sigarette presso le rivendite di tabacchi. La società proponeva ricorso, eccependo la legittima detraibilità dell’Iva e comunque la non applicabilità delle sanzioni irrogate quantomeno per l’incertezza normativa. Così come attestato, peraltro, dalla mole dei contenziosi pendenti in materia e dalle svariate richieste di interpello presentati all’Agenzia sulla portata della norma. La Commissione Tributaria rigettava il ricorso. Il giudice di appello, al contrario, bocciava la decisione dei giudici di prime cure, evidenziando che tali costi, in sostanza, rappresentassero costi di pubblicità con Iva detraibile. I giudici di secondo grado inoltre riconoscevano l’inapplicabilità delle sanzioni per incertezza sulla qualificazione delle spese in oggetto. Con ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate ribadiva le proprie ragioni e insisteva per l’inesistenza di incertezza sulla norma.
Gli Ermellini (sentenza 10440/2021) hanno sposato le tesi del fisco. In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie -in estrema sintesi- «il potere delle commissioni tributarie di dichiarare l'inapplicabilità delle sanzioni (...) deve ritenersi sussistente quando la disciplina normativa, della cui applicazione si tratti, si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia “concettualmente difficoltoso” per l'equivocità del loro contenuto». Tale difficoltà deve derivare da «elementi positivi di confusione». In applicazione anche di tali principi, la Commissione Tributaria Regionale avrebbe quindi errato nel ritenere sussistente una condizione di incertezza normativa in ragione delle «numerose richieste di parere presentate all'Amministrazione finanziarie e dei numerosi casi di contenzioso». Tale valutazione, ha soggiunto la Corte, non sarebbe condivisibile «in quanto riconosce valore di indici sintomatici dell'esistenza della situazione di incertezza normativa a circostanza fattuali che, seppur unitariamente valutate, sono inidonee a dimostrare l'impossibilità di pervenire in modo univoco alla corretta interpretazione del dato normativo».
In buona sostanza per la Corte è comunque passibile di sanzione amministrativa il contribuente che sbaglia in buona fede a causa della farraginosità delle norme, comprovata dalla presenza di una molteplicità di contenziosi e di richieste di interpello. Tale presa di posizione non può essere affatto condivisa. In primo luogo, ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 472/97, la sanzione non è applicabile se «la violazione è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono». In tal senso anche l'art. 8 D.Lgs. 546/92 e l'art. 10 L. 212/00. Detto questo, sul punto proprio la Corte Suprema aveva in passato delineato un pregevole vademecum sui "fatti indice" della "incertezza normativa oggettiva tributaria". Così ad esempio: 1. nella difficoltà d'individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2. nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3 nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4. nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà o nella mancanza di una prassi amministrativa o nell'adozione di prassi amministrative contrastanti; 5. nella mancanza di precedenti giurisprudenziali; 6. nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 7. nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 8. Addirittura nel contrasto tra opinioni dottrinali.
Raccomandiamo a tal proposito la lettura, da parte del legislatore, della burocrazia e degli operatori del diritto tributario, delle “raccomandazioni per scrivere bene” di Italo Calvino nelle sue lezioni americane. Ricordando che è sempre vittima di una grave ingiustizia colui che viene sanzionato per non aver fatto ciò che non ha compreso.