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Il demone dei desideri e la frustrazione dei narcisi

 
leonardo petrocelli

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leonardo petrocelli

Il demone dei desideri e la frustrazione dei narcisi

Il progresso tecno-scientifico è il sodale «cicala» del desiderio, quello che studia e lavora, non cincischia né svolazza, ma si adopera per il futuro di entrambi

Lunedì 30 Giugno 2025, 06:03

Lo hanno capito un po’ tutti da anni, lo ha detto meglio degli altri Slavoj Zizek: «La merce non ci consegna la sua fantastica promessa». Nel senso che la «cosa», l’oggetto, non è più il motore del desiderio e nemmeno la sua destinazione: accumulare compulsivamente prodotti fisici significa imboccare un viale che non ha destinazione e non da soddisfazione. L’ha capito, dopo decenni, perfino lo scemo del villaggio occidentale. Certo, c’è ancora chi si attarda, magari qualche trapper in cerca di risarcimento sociale a colpi di Rolex, Lamborghini fluo e collane d’oro, ma sono gli ultimi, e assai pietosi, sgoccioli del «consumo vistoso» di cui scriveva Thorstein Veblen al tramonto dell’Ottocento. Roba da museo di provincia.

Il desiderio che «move il sole e l’altre stelle», almeno in questo tempo disgraziato, ha preso invece un’altra strada. Molto più pericolosa. La si individua a rovescio, partendo dalla sensazione che ingenera a monte e a valle: la scontentezza, cui Marcello Veneziani ha dedicato, tempo fa, un fortunato saggio (Scontenti, Marsilio 2022). Una scontentezza faustiana, da narcisi frustrati: non tanto per ciò che (non) abbiamo, quanto piuttosto per ciò che siamo. Quello «spazio di frustrazione» che ci separa da ciò che vorremmo essere e aspiriamo, in quel momento, a diventare trasfigurando noi stessi. O meglio, riscrivendo noi stessi. L’uomo contemporaneo è, infatti, una macchina tutta intenta alla riscrittura di sé. Sciolto da ogni legame con la tradizione e la storia, monade egoista senza avi né eredi, s’è dato a ridisegnarsi da capo a piedi: corpo, sesso, età, famiglia, usi e costumi.  Non c’è nulla di dato, di pre-esistente, non figurano limiti, non esiste Natura ma solo Cultura, e quindi una accessibilità illimitata al mondo delle scelte infinite. Mefistofele chiederebbe: chi o cosa desideri essere, oggi?

Ha una lunga rincorsa, questa faccenda. Parte dal Sessantotto, una liberazione non dal capitale quanto piuttosto del capitale, che pensionò i valori del mondo borghese e proletario ma soprattutto uccise il Padre, colui che, appunto, «norma il desiderio». Lo limita, lo controlla. «Vietato vietare», da allora in poi.  Liquidato il guardiano della soglia, il demone s’è scatenato.  Anche perché, come ricordano Gilles Deleuze e Félix Guattari, il desiderio non è solo mancanza, ma piuttosto «produzione positiva» e «azione creativa». Costruisce nuovi orizzonti e, più che altro, distrugge vecchi legami. In quanto freudiana «forza pulsionale»  sfida l’ordine sociale e lo disintegra, rimpiazzandolo con l’anarchia individuale del «sii quello che vuoi». Parafrasando concettualmente Georg Simmel, il desiderio non produce più valore, ma produce «politica». I desideri si inventano diritti e armano le piazze, le uniche a riempirsi in un mondo ove le coscienze collettive si smuovono solo (e a malapena) sul ciglio della terza guerra mondiale.

E tuttavia se qualcosa del passato ancora sopravvive, tutto sommato identica all’epoca in cui a imperversare erano le merci, è l’amara constatazione che, pure stavolta, il tram chiamato desiderio non porta da nessuna parte. Si sono semplicemente allargati gli spazi, è «cresciuta la domanda di potenza» ma l’appagamento è sempre differito all’infinito. È l’eterno gioco della finta lepre che il levriero non prende mai. Solo che ieri l’inganno si svelava dopo aver comprato la milionesima maglietta o la decima macchina, quando cioè ci si accorgeva che, in fondo, una «cosa» non cambia il senso di nulla né colma alcun tipo di vuoto. Oggi, la scontentezza sopraggiunge quando l’ottantenne comprende di non poter vivere come un ventenne, magari dopo aver trapiantato i capelli, essersi sottoposto a chirurgia estetica, aver rischiato la vita facendo footing sotto il sole di agosto, aver ingurgitato pillole di ogni tipo per sostenere grottesche performance fuori tempo massimo. Non ce la fa, missione fallita. Ma il desiderio, lungi dall’estinguersi, nel racconto generale viene differito a domani o dopodomani, quando gli scienziati sapranno e i tecnici potranno.

Il progresso tecno-scientifico è il sodale «cicala» del desiderio, quello che studia e lavora, non cincischia né svolazza, ma si adopera per il futuro di entrambi. La frontiera ultima, che poco (e male) si nomina, è quel «transumanesimo» la cui paternità solitamente si ascrive a Julian Huxley, fratello del più noto Aldous, che nel 1927 scrisse il saggio Religion without revelation: la «religione senza rivelazione» è appunto quella in cui l’umanità trascende se stessa grazie alla tecnica, assecondando il desiderio. Il tram persevera nella sua corsa, il demone continua a brigare. Per dirla con il solito Deleuze, «non si è ancora visto nulla».

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