Roberto De Simone ha avuto, nel corso dei decenni, rapporti continui, fecondi e affettuosi verso Bari, i suoi teatri e il suo pubblico, attraverso allestimenti e regie storiche “passate” per la Puglia, a perpetuare quel fecondissimo rapporto fra Napoli (antica capitale) e i teatri, in particolare, di Bari: città, almeno dall’Ottocento, considerata “piazza” primaria (col Teatro Piccinni, poi col Petruzzelli, si pensi a Raffaele Viviani e ai De Filippo) per le produzioni di quella cultura musicale e teatrale che Napoli sempre irradiò verso il resto del mondo. Di De Simone due sono le gigantesche operazioni culturali e musicali che s’ incardinano nella nostra storia e nella nostra memoria spettacolare: in primis quella Gatta Cenerentola con la quale De Simone, sia come studioso sia come “inventore” di nuovi mondi di spettacolo e di cultura, partendo dal ‘600 del Cunto de li Cunti di Giambattista Basile rinnova modi e suoni antichi fino a farli diventare modernissimi, anzi lancinanti di innovativi stimoli socio- culturali. La Gatta, di cui ricordo il debutto al Festival di Spoleto nel luglio 1976, fu poi a Bari al Piccinni nel febbraio 1977: sul palco c’era quella formidabile Nuova Compagnia di Canto Popolare che De Simone aveva fondato e addestrato alla ricerca etno-musicale e all’invenzione spettacolare. Giganteggiano in scena Peppe Barra in strepitoso travestì quale Matrigna, più Isa Danieli scatenata leader delle “sei sorelle, tutte belle”, per non dire di Fausta Vetere drammatica voce canterina, di Antonella Morea “lavandaia grassa”, di Concetta Barra, ecc. Un trionfo, che si rinnovò quando Gatta Cenerentola tornò a Bari nell’86 al Petruzzelli, da ultimo (in una versione meno stringata della prima, anzi sontuosa di scene e costumi) al Teatroteam nel 1998, con presente all’evento lo stesso De Simone. Assai presente fu poi De Simone a Bari, al Petruzzelli, per il secondo grande spettacolo che lo lega a Bari e al suo pubblico: occasione la riapertura del Teatro Rosso dopo l’incendio del ’91 e dopo i faticosi restauri. Era il dicembre del 2009 e De Simone fu regista di una monumentale Turandot. Ma già nel precedente anno 2008, nell’ultima stagione d’opera tenutasi al Piccinni, aveva curato la regia di un Falstaff di Verdi; anche al Piccinni, nel 2004, la regia di un Don Pasquale di Donizetti. Ma la trionfale Turandot di Puccini “riaprì” il Petruzzelli nel dicembre 2009, dopo l’anteprima sinfonica tenuta ad ottobre dello stesso anno (si eseguì la Nona di Beethoven con la bacchetta di Fabio Mastrangelo), ma fu la leggendaria “fiaba cinese” a segnare il ritorno della grande lirica sul “nuovo” palcoscenico del Petruzzelli. Direttore d’ orchestra Renato Palumbo, con gran spolvero di scene (Nicola Rubertelli) e costumi (Odette Nicoletti) nella fosca cineseria di Puccini, irta di crudeltà ed eroismi, di dedizione e sacrificio sublime. La regia di De Simone tentò in parte di ripristinare un “finale sospeso” dopo la morte di Liù, anziché il lieto fine voluto da Alfano ma forse non dal dubbioso Puccini in punto di morte (1924). Si esaltava qui una visione cupa nella storia della “Principessa nella sua fredda stanza”, vendicatrice di antiche sanguinose violenze. Quella stessa Turandot del 2009 ebbe poi anche una ripresa, sempre al Petruzzelli, nel 2016, presenziata anche allora da De Simone, sempre coinvolto nelle prime baresi. Se questi due spettacoli, la Gatta Cenerentola del 1977 e la Turandot del 2009 segnano con uno stigma la fascinazione fra De Simone e il pubblico di Bari e di Puglia, pure non esauriscono la frequenza della “firma” registica di De Simone in altre messinscene che circolano (anni 70 e 80) a Bari e in regione. Segnalo il Mistero Napolitano (1979) poi dei testi di Viviani quali Festa di Piedigrotta (1979), Eden Teatro (1981) passati al Piccinni, quindi un Religiose alla moda di Dandolfo nell’ 85, la sontuosa e barocca Opera buffa del Giovedì Santo al Petruzzelli, come pure nell’89 al Piccinni un’edizione di quella Cantata dei Pastori che segna, dal 1974, la ricostruzione magistrale della tradizione napoletana antica, mescolando sacro e profano, opera seria e opera buffa. Nella Cantata, che dal ‘600 accompagna a Napoli il Natale e dove anche Belfagor è in fondo un buffo Diavolone (gran maschera per Peppe Barra!) si opera l’ennesimo sincretismo magico di De Simone, dove l’antico dà nuovo senso all’odierna riflessione, fra cultura alta e popolarità. In una famosa versione Tv della Cantata dei Pastori (1985), ambientata nel Teatrino della Reggia di Caserta, se la Madonna è Fausta Vetere, se S. Giuseppe è lo stesso De Simone (!), con l’Arcangelo Gabriele (Isa Danieli) che cala dall’alto, a fare il diavolo Belfagor è nientemeno che Mario Merola: saldatura fra antico e moderno, alto e basso di una “condizione napoletana” di cui Roberto De Simone è stato il sommo ultimo cultore e cantore.

Lunedì 14 Aprile 2025, 04:11