Martedì 28 Ottobre 2025 | 19:14

Europa e «Mare Nostrum» per il Sud, l'occasione dell'Università Mediterranea

Europa e «Mare Nostrum» per il Sud, l'occasione dell'Università Mediterranea

 
Gaetano Quagliariello

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Gaetano Quagliariello

Europa e «Mare Nostrum» per il Sud, l'occasione dell'Università Mediterranea

Il 16 ottobre la Commissione Europea e l’Alto Rappresentante hanno presentato il New Pact for the Mediterranean, la cornice politica e operativa all’interno della quale si dovrebbero ridefinire le relazioni tra l’Unione e i Paesi della sponda meridionale

Martedì 28 Ottobre 2025, 13:00

Il 16 ottobre la Commissione Europea e l’Alto Rappresentante hanno presentato il New Pact for the Mediterranean, la cornice politica e operativa all’interno della quale si dovrebbero ridefinire le relazioni tra l’Unione e i Paesi della sponda meridionale. Per intendere l’effettivo significato del documento occorre decifrare il linguaggio anodino della Commissione europea.

La grammatica tecnocratica, infatti, sembra celare una conversione che si vorrebbe far passare inosservata. Quella dall’idealismo democratico erede delle illusioni della globalizzazione, al realismo imposto da un’epoca nella quale l’equilibrio di potenza pesa più dei bilanci.

Così, trent’anni dopo l’avvio del Processo di Barcellona, l’Europa scopre di non poter più raddrizzare il proprio vicinato meridionale con la sola forza del soft power - commercio, cooperazione, diritti umani - e di dover fare i conti con la dura realtà dell’età post-idealistica.

Perché i principi, da soli, non bastano più a plasmare le relazioni tra le nazioni; la realtà del mondo di oggi li piega come il vento fa con le bandiere. Le guerre in Iraq e Siria, le Primavere arabe, la crisi migratoria del 2015, il conflitto ucraino e ora Gaza tracciano le cicatrici del nuovo secolo, dissolvendo la speranza di un ordine condiviso.

Un’Europa costretta troppo spesso al ruolo di spettatrice prende atto del nuovo disordine mondiale. E si ritrova di fronte a un Mediterraneo senza bussola, in larghe parti anarchico, conteso da logiche di potenza più che dalle antiche visioni universalistiche che un tempo univano sapere e potere, la croce con la mezzaluna.

In questo contesto il suo asserito «dominio morale» rischia di rivelarsi un trofeo di latta. Di qui l’obiettivo strategico: impedire che il Mare Nostrum divenga mare di qualcun altro e che la regione cada sotto l’egemonia russa o cinese. Spes contra spem, avrebbe detto Giorgio La Pira, uno che di Mediterraneo si occupò in tempi non sospetti.

Se Washington ha sostituito l’idea di esportare la democrazia con quella di governare le interdipendenze economiche - da Gaza al Levante fino all’Indo-Mediterraneo - provando a edificare pace e sicurezza attraverso la prosperità, Bruxelles, nel suo piccolo, sembra adeguarsi. Compensa la propria debolezza militare con la forza regolatoria e finanziaria, assicurandosi energia e manodopera qualificata mentre controlla rotte e flussi.

È la logica di un pragmatismo selettivo: la Tunisia potrà ricevere fondi senza riforme; l’Algeria vendere gas senza concessioni politiche. Nella nuova realpolitik mediterranea, la stabilità torna a essere la madre di tutte le libertà. Il Patto punta a ridurre i conflitti attraverso la normalizzazione economica, negoziando potere e influenza. E tale mutamento, qualora dovesse divenire pratica effettiva, non potrà che interessare da vicino anche l’Italia e il Mezzogiorno, la sua prua più esposta nel Mediterraneo.

Anche il Sud, infatti, sta transitando dalle politiche europee dell’interventismo moralistico e della redistribuzione senza sviluppo alla consapevolezza di una interdipendenza funzionale: porti e logistica, sicurezza marittima e navale, energie rinnovabili e corridoi energetici, trasformazione digitale, sport e turismo, formazione e capitale umano. Tutti settori che il Patto europeo si propone di potenziare.

Nel nuovo Mediterraneo il Mezzogiorno non è più considerato una delle periferie da sussidiare, ma una piattaforma strategica in grado di connettere flussi e interessi divergenti. In questa prospettiva, l’intero Sud potrebbe candidarsi a guidare il network della Università del Mediterraneo, la nuova infrastruttura del sapere lanciata con enfasi dalla Commissione europea.

Dettando il ritmo del passaggio dalle presunte «missioni civilizzatrici» a quello della formazione concreta di una classe dirigente in grado di garantire la deterrenza attraverso la cooperazione e di usare la crescita condivisa come strumento efficace per contenere instabilità e influenze esterne.

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