Hanno tutti ragione. Il ministro Urso nel volere l’Ilva aperta e soprattutto legittimamente aperta sotto il capiente scudo dell’Autorizzazione integrata ambientale; il governatore Michele Emiliano nel veder finalmente coronato il sogno della decarbonizzazione, per anni coltivato in estrema solitudine; il novello sindaco di Taranto Piero Bitetti stretto in un «vorrei ma non posso» dal quale dovrà liberarsi al più presto; i sindacati che chiedono la salvaguardia dei livelli occupazionali.
Fare sintesi tra tante ragioni è difficile ma non impossibile, specie se si mettono da parte la propaganda e le strumentalizzazioni.
Chiariamoci subito, in presenza di 4-5 miliardi di euro immediatamente disponibili per la demolizione dello stabilimento siderurgico e la sua successiva bonifica, non avremmo dubbi nel dire basta al rapporto tra la fabbrica e la città, logorato da malattie e morti, prese in giro e impegni non mantenuti. Ma siccome quei miliardi non ci sono, chi vuole discutere seriamente sul futuro del siderurgico non può che sollecitare la sua transizione ecologica, energetica e industriale. Che vuol dire dismissione del ciclo integrale, installazione dei forni elettrici, alimentazione tramite gas in attesa dell’idrogeno e prima ancora rinnovo dell’Aia per tenere la produzione sotto l’ombrello della legalità. Certo, inquieta la possibilità che dall’aprile del prossimo anno, i tre vecchi altiforni possano produrre contemporaneamente, come non avviene da anni, e sarebbe meglio raggiungere una intesa politica che limiti a 2 i forni in esercizio, schivando così il potenziale danno sanitario evocato dalle autorità competenti. Ma anche qui, meglio un accordo che un disaccordo e che soprattutto la transizione impiantistica venga messa agli atti e non rimanga nell’alveo delle belle parole.
Fanno bene Urso e Emiliano a evocare un impegno politico comune da parte dei partiti sul dossier Ilva. Il silenzio assordante della maggioranza di centrodestra che governa il paese deve lasciare il posto a un sostegno convinto nei confronti del titolare del Mimit e degli amministratori locali. Stessa cosa vale per il centrosinistra che governa RegionePuglia, Provincia e Comune di Taranto. Servono idee chiare e realizzabili e non slogan coniati per speculare sui lutti di una comunità da anni provata dalle scorribande elettorali di chi prometteva luna park e ricchi premi e da chi ora vuole usare la trattativa per riscattare i suoi insuccessi politici.
Forza sindaco, servono coraggio e visione.