Venerdì 05 Settembre 2025 | 23:42

Ingoiare il rospo Nichi o rinunciare alla corsa: Decaro all’ultimo bivio

 
Biagio Marzo

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Biagio Marzo

Ingoiare il rospo Nichi o rinunciare alla corsa: Decaro all’ultimo bivio

«Arsenico e vecchi merletti»: così potremmo definire il quadro politico pugliese. Siamo agli inizi di un film noir e al finale di un famoso spaghetti western

Venerdì 05 Settembre 2025, 13:00

«Arsenico e vecchi merletti»: così potremmo definire il quadro politico pugliese. Siamo agli inizi di un film noir e al finale di un famoso spaghetti western. La vittima designata non è difficile da individuare: Antonio Decaro. È l’agnello sacrificale, colpito «al cuore, al cuore Ramon», come Clint Eastwood incitava Gian Maria Volonté in Per un pugno di dollari. E probabilmente sarà proprio Nichi Vendola a vibrare il colpo finale.

Riavvolgiamo il nastro. L’ex sindaco di Bari deve giocare la sua partita mantenendo il punto: discontinuità, senza le candidature al consiglio regionale di Michele Emiliano - che ha desistito - e di Nichi Vendola che invece insiste. La «dottrina Decaro» si fonda su una maggioranza di cui fidarsi, senza dover chiedere il permesso al predecessore del predecessore per approvare provvedimenti: libero di governare secondo lo spirito dei tempi, non con i vincoli dei governatori passati. Un ragionamento che non fa una piega, se si vuole una Puglia rinnovata e dinamica, contrapposta all’immobilismo degli ultimi anni. Più per colpa dell’assemblea consiliare che per disimpegno del presidente Emiliano. Ma questa è un’altra storia.

Questo piano, però, rischia di trasformarsi in una trappola perfetta per tagliare Decaro fuori dalla corsa, con conseguenze pesanti non solo per lui, ma per l’intero Partito democratico nazionale e pugliese e persino per la coalizione. Ciò che Elly Schlein sembra non vedere - o finge di non vedere - è che dirigenti, militanti, simpatizzanti ed elettori, soprattutto giovani, chiedono a gran voce ricambio. Vogliono una nuova classe dirigente regionale e provinciale. E, soprattutto nell’area ionico-salentina, non intendono più accettare l’egemonia del Nord della Puglia. Il «Bari-centrismo» ha prodotto in questi decenni danni e guasti irreparabili. Basta con il partito pietrificato attorno a un uomo solo al comando.

Insomma, i democratici pugliesi hanno subito una forte mutazione genetica: la loro ambizione è fare politica senza «padri e padroni». La segretaria del Pd ha proposto Decaro come candidato presidente. Senza ombra di dubbio, tra i due non c’è mai stato feeling, per formazioni culturali simmetricamente opposte. Lei, di matrice movimentista - «gruppettara», si sarebbe detto in un’altra epoca; lui, riformista pragmatico con forti venature popolari, il cui consenso nasce dal rapporto diretto con la gente. A maggior ragione, non c’è mai stata, nemmeno umanamente, sintonia: basti pensare che Elly Schlein, per tutta l’estate, non ha mai risposto alle telefonate di Antonio Decaro. Non è il solo a lamentarsene, ma resta il dubbio se sia una scelta di carattere o di calcolo politico. Dopo aver ringraziato Emiliano per il «generoso» passo indietro - la rinuncia alla candidatura in consiglio regionale - la leader dem ha però passato a Decaro il cerino acceso di Vendola. A ben vedere, spetta a lei completare l’operazione candidato presidente della Puglia e non lasciare la situazione in mezzo al guado: un atteggiamento pilatesco che non giova alla causa. Come leader della coalizione dovrebbe farsi carico di spianare la strada a Decaro, e non viceversa. Avendo la leadership della coalizione, non può sottrarsi al compito di imporre la candidatura di Decaro senza Vendola. Facendo propria la proposta di Goffredo Bettini: il Pd scelga al suo interno il candidato presidente e le liste; Sinistra italiana, se vuole candidare il suo leader, lo faccia; e se Decaro vorrà opporsi, dovrà farlo in sede di coalizione.

In sostanza: ti candidiamo, ora convincilo tu a farsi da parte. Non a caso, Schlein ha invitato il parlamentare europeo a salire sul palco con lei alla Festa regionale dell’Unità di Bisceglie, città di Francesco Boccia: un battesimo ufficiale che però rischia di lasciare Decaro senza più carte da giocare. Di sicuro, non può rifiutarsi, ma dovrà mantenere viva la sua proposta e cogliere l’occasione per ribadirla. E aggiungere ciò che ha già detto ai quattro venti: «Non sono indispensabile, né insostituibile». Una Festa dell’Unità senza l’Unità, il quotidiano fondato da Gramsci: un paradosso che nulla ha a che fare col Nazareno, visto che oggi il giornale è diretto da Piero Sansonetti, lontano mille miglia dal Pd, l’ultimo Mohicano comunista, la cui cifra politica resta il garantismo - parola assente dal vocabolario dei democratici.

Ma torniamo alla politica. Elly Schlein ha un obiettivo preciso: presentarsi come sfidante di Giorgia Meloni per Palazzo Chigi nel 2027. Per questo l’unità del cosiddetto «campo largo» è condizione imprescindibile. Purché non vengano ostacolati gli alleati, lei sacrifica talvolta il Partito democratico. Non a caso, sta facendo ferro e fuoco per la candidatura di Fico in Campania, scontrandosi con l’osso duro di Vincenzo De Luca, e ha sostenuto Tridico in Calabria, provocando malumori tra i dirigenti dem locali. C’è chi parla di svendita, ma lei procede come un treno verso le prossime elezioni politiche. Per la Puglia, ha creato una situazione ad usum delphini. Se Vendola farà le barricate, saranno problemi di Decaro. Schlein si sarà comunque salvata politicamente e moralmente: nessuno potrà criticarla. Una mossa che mette Decaro alle strette: rischia non solo di non essere candidato, ma anche di compromettere eventuali progetti di segreteria nazionale. Come dire: con una fava prende due piccioni; fuor di metafora, raggiunge due obiettivi in un colpo solo. Emiliano ha fatto la sua parte sacrificandosi per l’unità del Pd e della coalizione. Chapeau!

Quanto a Vendola, è difficile che cambi idea, ma in quel caso si assumerà grandi responsabilità. Da uomo di cultura conosce bene il passo dell’Ecclesiaste: «Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per conservare e un tempo per buttar via. Un tempo per strappare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare». In conclusione, per Decaro le strade restano due: ritirarsi, rifiutando la convivenza con Vendola e salvando l’idea di rinnovamento, oppure candidarsi ingoiando il rospo. Delle due, l’una.

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