Il fastoso matrimonio del patron di Amazon, Jeff Bezos, con la sua compagna Lauren Sanchez, che si è svolto nei giorni scorsi nella città di Venezia, il cui clamore mediatico era già partito da tempo sin dalla prima notizia del programmato evento, ha suscitato l’interesse, non solo giornalistico, di quasi tutti gli italiani. E come ogni evento di rilievo nazionale anche questo ha diviso l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari, forse con solo pochissimi astenuti.
Invero, a fronte di coloro che hanno benedetto l’arrivo del magnate (terzo o quarto uomo più ricco del pianeta) che ha prescelto la città lagunare preferendola a tante altre in Italia e nel mondo, in quanto la sua sola presenza ha comportato notevole movimento di denaro con forte ricaduta sul territorio, vi sono stati altri che viceversa hanno esecrato chi ha voluto l’evento, chi lo ha favorito e chi non ha fatto niente per impedirlo.
Le ragioni rispettive sono abbastanza note in quanto la stampa, le tv e gli opinionisti sociali se ne sono copiosamente occupati. I critici hanno sottolineato che il denaro certamente speso a Venezia ha favorito soltanto alcune categorie, ragionevolmente le più ricche, mentre solo gli spiccioli sono finiti nelle tasche dei meno coinvolti dai festeggiamenti, quindi c’è stata una sorta di sperequazione distributiva, non utile ai più. Inoltre dai medesimi si è sostenuto che la città, fra le più belle del mondo, quindi fra le più visitate dal turismo internazionale oltre che da quello nazionale, non poteva sopportare questo ulteriore pesante sovraccarico che avrebbe apportato notevole disagio e fastidio per la vita ordinaria dei suoi cittadini.
In senso contrario da parte di opinionisti altrettanto numerosi si è sostenuto che il denaro speso dai nubendi e dai molti invitati, ancorché in partenza finalizzato ad allietare i partecipanti, ha finito poi per ricadere a beneficio dell’intero territorio. Inoltre non va dimenticato che Bezos ha generosamente elargito donazioni per tre milioni di euro a beneficio di tre Enti che operano per la salvaguardia della laguna. Invero, il turismo di élite, ancorché in talune determinate occasioni si manifesti in concentrazione antropica eccessiva per un contesto territoriale di non amplissime dimensioni quale la città di Venezia, porta comunque benefici, sia diretti sia indiretti, all’economia del luogo.
Allora da che parte sta la ragione? La problematica per la sua complessità si presenta come una medaglia, o preferibilmente in questo caso come una moneta, a due facce che riportano rispettivamente due opinioni contrastanti sebbene sostenute entrambe da buone ragioni.
A questo punto conviene legittimamente domandarsi se la città di Venezia appartenga solo ai suoi cittadini o anche a tutti gli italiani o all’intera popolazione del mondo cui viene riconosciuta la possibilità di visitarla. Ovviamente identico interrogativo ci si può porre per ogni città d’arte o analogamente per ogni luogo paesaggisticamente magico come ad esempio l’isola di Capri. I cittadini, che pagano le tasse agli enti del territorio vorrebbero ovviamente la città tutta per loro mentre i visitatori, che siano o meno obbligati a corrispondere una tassa di soggiorno per la loro presenza, ritengono di avere altrettanta legittimazione in quanto quello di poter godere delle bellezze universali sarebbe un diritto dell’umanità.
Compito del legislatore pertanto è quello di armonizzare normativamente entrambe le esigenze del bene culturale, o paesaggistico, interessato sia con la tutela, tesa alla sua conservazione, sia con la valorizzazione orientata piuttosto a favorirne la fruizione da parte della intera società. La tutela sarebbe riservata in via esclusiva allo Stato mentre la valorizzazione, la gestione e la promozione dovrebbero essere ripartite tra lo Stato e gli enti locali del territorio.
Si tratta di interessi entrambi degni di tutela giuridica, tanto che l’ordinamento ne prevede una disciplina concorrente al pari di altre realtà con simili problematiche, come ad esempio gli aeroporti, i porti e le stazioni, che pur essendo ubicati nel territorio di una singola città sono comunque a beneficio di una comunità più allargata. E ben vero che la vicinanza a un’ area aeroportuale, portuale o ferroviaria comporta per i cittadini che abitano in zona disagi non indifferenti per rumori, rischi di incidenti, presenza di mezzi di trasporto (taxi, autobus, auto private), emissioni di gas di scarico che di certo provocano alterazione della qualità dell’aria e disturbi sonori in notevole quantità. Ma è pur vero che l’utilizzo di tali infrastrutture rappresenta un interesse sovraordinato rispetto al Comune in cui si trovano e quindi ai suoi cittadini in quanto a beneficio di una comunità più ampia, nazionale e internazionale.
Insomma il legislatore è chiamato a valutare in modo quanto più ponderato sia gli interessi dei cittadini sia dei visitatori garantendoli con diritti e limitazioni per entrambe le necessità, svolgendo un ruolo di equilibrio certo non facile ma doveroso in un sistema democratico per garantire il rispetto di entrambe le esigenze salvaguardando gli interessi di tutti e non solo della comunità cittadina. Come è noto la democrazia non è in assoluto il miglior sistema di governo ma non è dato di riscontrarne un altro migliore.