Sabato 06 Settembre 2025 | 00:27

Quell’imponente riarmo per ritrovare l’unità, ma è solo l’Europa dell’oblio

 
gianfranco longo

Reporter:

gianfranco longo

Quell’imponente riarmo per ritrovare l’unità, ma è solo l’Europa dell’oblio

La pace non si tutela mediante meccanismi di sostegno a eventuali confitti; ciò infatti equivarrebbe a sotterrare la pace per gli anni che verranno

Domenica 06 Aprile 2025, 13:12

L’oblio è la prima vangata di terra che cade e si spande su una bara. Fa rumore. Le zolle rotolano; iniziano a riempire la fossa. Chi l’ha scavata sa che lo zigrinarsi della pala nella terra, quel suo progressivo arrugginirsi per raccogliere umido terriccio, frammenti di pietrisco insieme a polvere di ossa ed ossi decomposti, suona come passi strascicati in una vita colma di dolore. Dall’altro lato, coloro che osservano le fasi del seppellimento, sono sovraesposti a una ferita lancinante; sperano che la sepoltura della persona cara si concluda velocemente. E perciò sarà la terra stessa, in breve, a congedare il gruppo. Partecipe, coeso alle esequie. E la terra, però, resterà in attesa che tutti vi facciano ritorno.

L’Europa è stata deposta nella fossa dell’oblio, solo a essa scavata. Non ce n’è una che sia uguale alla precedente. Iniziata come Ced, poi Cee, Mec, infine Ue, circolo autoreferenziale di compravendite. Si è poi evoluta a congregata fratellanza economica, pervasa da esoterica infatuazione egemonica, loggia messianico-monetaria che è andata man mano stipulandosi una serie di regole elevate a rango giuridico, con una sua specifica denominazione unitaria ed una sua caratterizzazione di specie mercantile-finanziaria, come se l’esclusiva tradizione europea sia stata quella calvinista. Con questi presupposti l’unione regge poco, si fa più sclerotica la tenuta, perché la coesione è forzata, infine questuata mediante complessi arzigogoli finanziari e monetari, che hanno visto trionfare alcuni Stati, reprimendo e sedando molti altri.

Dinanzi a tale teatro della concupiscenza, falce della pecuniae libido, si vuole ritrovare, in maniera paradossale, un’unità europea mediante un riarmo sfarzoso e imponente, dando così spazio all’ideazione ossessiva di chi pretenderebbe la tenuta dell’adesione e dell’unione grazie a investimenti nel settore delle armi, contro ogni vincolo di pace, fondamento delle politiche comunitarie europee e della loro origine. La pace non si tutela mediante meccanismi di sostegno a eventuali confitti; ciò infatti equivarrebbe a sotterrare la pace per gli anni che verranno, compito che ogni governo avrebbe dovuto scongiurare, sebbene subordinato ogni governo della Ue a essere parte di un consesso economico-monetario. Una pace, pertanto, che viene inumata dai governi, è una pace che non trova riscontro fra i popoli che la guerra aveva coinvolto, proprio perché ha iniziato ad imporre la difesa da nemici immaginari con un riarmo tanto inutile quanto rischioso.

L’accrescimento, infatti, di investimenti destinati a scopi bellici provocherà occasioni di nuove guerre e conseguenti rese, offrendoci un modello europeo addirittura ottocentesco. Una pace sotterrata è quella in cui emerge il controllo dei confini; in cui risaltano l’ultimatum, o più spesso vari ultimata, e ritorsioni con sempre più sofisticate condizioni di pace, sino a quando il mancato rispetto di una delle condizioni, occasionerà una ripresa delle ostilità: la pace sotto condizioni di tregua è una dimensione di guerra momentaneamente interrotta, un cunicolo in cui si addentrano milizie che lì trovano rifugio, come tanti demoni nel loro inferno, milizie pronte a ritornare in gioco per sferrare l’ultimo, decisivo colpo ai contendenti, in un blocco esasperato di ciò che sarebbe stato invece un incontro tra popoli e loro tradizioni, significando ciò un passaggio definitivo dai dettagli, dalle condizioni di sospensione delle ostilità, pronte a deflagrare, alla speranza della storia attuata. Il passaggio, infatti, dalla paralisi del non-avere-altre-alternative al moto interiore di una guarigione completa dalla violenza e dalle lotte per la supremazia dei poteri, è reale in un riconoscimento presente nel mondo, ancor oggi, di un invito. È lo stesso invito che Gesù rivolge al paralitico (Gv 5, 1-18), invito ad alzarsi e ricominciare, un invito in cui si intravedono le situazioni di governi imbalsamati per contese e immelmati in continue ritorsioni. Il passaggio, allora, dall’indifferenza all’incontro, al fine di non rimanere tramortiti dall’ipnosi politica imposta da indottrinati e allenati sofisticatori delle varie vicende, avviene cogliendo nella presenza di Cristo, dalla Croce alla Resurrezione, l’attimo di un solco che definisce il passato e smuove il presente a una conversione.

La conversione alla speranza di pace, senza riarmi, permette che la pace, inumata, risorga dalla storia mediante una fede ritrovata, proprio perché sperata, perché coinvolta da una resa all’amore di Dio, quel Cristo crocifisso, innalzato, poi risorto, che è presente nella pienezza della Vita. È da questa Vita che risorge quella di ognuno di noi, perché risorge dall’esistenza e dai suoi esistenzialismi, dalla contingenza e dal blocco della necessità, riscoprendo una vocazione all’incontro, un moto di gioia che non si fa intrappolare dal determinismo o da un destino inalterabile. Tale tipicità, che rende immutabile la vita, è di chi non sceglie la sua libertà, smossa dalla presenza di Cristo e dal suo invito, ma si fa sedurre dall’abbandono, dalla «mistica del magari», dall’accidia delle speranze deluse, che sono solo aspettative di tornaconto, benessere transeunte, appagamenti contingenti, fugaci. Ciò che varrà al termine della storia, nella vita politica come in quella fra le persone, emerge da questi celebri versi di Raymond Carver: «E hai ottenuto quello che / volevi da questa vita, nonostante tutto? / Sì. / E cos’è che volevi?/ Potermi dire amato, sentirmi / amato sulla terra» (Ultimo frammento, 1988).

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)