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Basta con i bonus, la scelta migliore è sostenere le Pmi

 
Nicola Didonna

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Nicola Didonna

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La stagione dei bonus sembra non finire mai, con effetti tutti da dimostrare sull’economia reale e sulla propensione al consumo

Sabato 23 Novembre 2024, 15:30

La stagione dei bonus sembra non finire mai, con effetti tutti da dimostrare sull’economia reale e sulla propensione al consumo. Iniziò con Renzi nel 2014 con 80 euro al mese, ha continuato Conte con aiutini a pioggia a persone e imprese per non far collassare il sistema durante il Covid, continua nel solco dell’innovazione anche la Giorgia nazionale con una ben più misera strenna natalizia di 100 euro una tantum anticipata dalla Befana a Babbo Natale.

I 100 euro a Natale a condizione tu sia un dipendente, abbia un reddito non superiore a 28 mila euro con un’imposta lorda relativa pari ad almeno 100 euro e abbia almeno un figlio a carico. Poiché i beneficiati evidentemente sembravano pochi - solo 1,5 milioni - è arrivata la novità dell’ultimo minuto che accontenta il triplo dei destinatari pari a circa 4,5 milioni di contribuenti/elettori: non serve che abbia anche a carico il coniuge, basta solo un figlio.

Purché in famiglia arrivi solo un bonus; anche se l’altro coniuge è straricco fa niente. Comprerai lo champagne alla faccia di tutti noi! I 100 euro sono pochi, certo. Ma si sa, i tempi sono quelli che sono e chi si contenta gode.

Sembra quindi che il vizietto dei bonus a pioggia non abbia colore politico e che coinvolga l’intero arco dei partiti. Chi può, fa quando è il proprio turno.

In un Paese di «poveri benestanti» in cui solo il 15% dei contribuenti paga circa il 65% dell’Irpef complessiva, in cui il Pil da un anno si sta inesorabilmente arenando dopo l’inerzia della spinta post pandemica, in cui le politiche industriali sono orfane della propulsione attesa del Pnrr in pauroso ritardo, del credito Zes in cerca di identità e dei Contratti di Sviluppo per i Fondi Fsc in attesa di essere firmati e soprattutto erogati da circa 2 anni, quello che si pensa di fare è distribuire una briciola a tutti.

Peraltro andandola a rastrellare da una psedo-lotta all’evasione tramite il concordato preventivo biennale che ha visto una adesione limitata rispetto alle attese; e solo da parte di chi riuscirà, grazie allo stesso, a pagare meno Irpef! Quindi invece di cercare di far aumentare la base imponibile con una auspicabile lotta all’evasione, facciamo in modo di raccogliere meno imposte dagli stessi contribuenti già virtuosi e pensiamo alla ennesima rottamazione delle cartelle esattoriali. Ma l’importante è che la platea dei beneficiati, nella logica antica di «panem et circenses», sia incrementata da 1,5 a 4.5 milioni di contribuenti.

Oltre 500 milioni dispersi come un bicchiere di acqua nel mare considerando anche il «favoloso incremento» delle pensioni minime di ben 3 euro al mese per una platea di altre 1,8 milioni di persone! Da altra parte invece pensiamo di risparmiare risorse rifinanziando il Fondo Centrale di Garanzia a costo zero senza puntare nemmeno i 200 milioni stimati in un primo momento e accorciando la coperta sulle operazioni di liquidità. Il tutto grazie alla virtuosa gestione della garanzia pubblica che è riuscita a risparmiare risorse sostenendo le imprese con default minori rispetto a quelli temuti.

Un fondo che può sostenere attivamente le 4,5 milioni di Pmi italiane, la maggior parte delle quali sono micro e piccole, con indubbia maggiore utilità marginale della spesa pubblica. Un fondo che nel 2024, solo fino a settembre ha sostenuto 163 mila imprese per oltre 20 miliardi di finanziamenti garantiti.

Su base annua potrebbe arrivare a sostenere oltre 200 mila imprese, specie micro e piccole in un periodo di ulteriore credit crunch. Un supporto che potrebbe fornire la famosa canna da pesca a chi produce piuttosto che il pesce quotidiano a chi consuma.

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