Si parla molto, in questo scorcio di estate, di ius soli e di ius scholae. Io passerei subito dal latino all’inglese, all in, espressione mutuata dal gergo del poker americano, tutto dentro, quindi tutti dentro, o quasi. Naturalmente si tratta di una provocazione. Un minimo di controllo è ovvio e indispensabile, così come una programmazione seria dei flussi con l’abolizione della Bossi-Fini. Ma il messaggio è, cittadinanza a chi la chiede, a chi si integra, a chi, del popolo dei migranti, vuole entrare a far parte del popolo italiano, ovviamente osservandone le regole. Forse non è chiaro a tutti che non si tratta solo di spirito umanitario. Lo spirito umanitario è alla radice ma c’è anche ormai un interesse.
Degli immigrati che si integrano e diventano italiani abbiamo bisogno, bisogno estremo. Non è che sono «persone» che dobbiamo assistere per motivi di coscienza. Sono certamente «persone» ma sono, o possono anche essere, una risorsa fondamentale. C’è il fenomeno della denatalità che ci affligge e che è destinato ad acuirsi. Perché i figli sono un costo che molte coppie non si possono o non si vogliono permettere, ma anche un incomodo che non si vogliono addossare, o si addossano col contagocce. Del resto lo abbiamo visto alle Olimpiadi. Con i giovani immigrati l’Italia è più forte. La politica della destra al governo, asilo negato e permessi cancellati, oltre a respingimenti indiscriminati e simil lager approntati, non è solo inumana. È soprattutto sbagliata, e per certi versi incomprensibile se non per compiacere istinti beceri. Si tratta di «persone» che hanno studiato o studiano in Italia, che lavorano e hanno casa in Italia. Ovviamente non sono tutte rose e fiori. L’immigrazione è il problema dei problemi degli ultimi decenni, che tendiamo a rimuovere o a risolvere con pannicelli caldi, non prendendolo di petto come una vera priorità. Ed è una questione, attenzione, che solo la sinistra può risolvere.
Mentre finora, proprio per la sinistra ha comportato danni devastanti avvantaggiando e portando al potere sovranismi e populismi, non solo in Italia. Il fatto è che la questione non sono solo i salvataggi in mare. Il tema grande è quello dell’integrazione. La capacità di inserire i migranti nelle nostre comunità e non rifiutarli o ghettizzarli. E non è una cosa semplice. É agevole, per noi di sinistra, in prevalenza benestanti, commuoverci o indignarci per il popolo dei barconi e le sue traversie. Ma quando attraccano ce li dimentichiamo. Ci disinteressiamo dei loro destini, nei campi, nella clandestinità, ma anche delle loro vite nelle periferie dove sono a diretto contatto con i nostri connazionali, quasi tutti meno abbienti.
Perché il problema, per questi ultimi, non è che i migranti tolgono il lavoro perché il lavoro che questi fanno i nostri giovani, a torto o a ragione, non vogliono più farlo. Il problema è l’insicurezza che portano, vera, presunta o percepita, che è poi quella che conta. E dobbiamo convincerci che la sicurezza è un valore di sinistra. Perché l’insicurezza la patiscono i poveri, non i ricchi. E quindi il problema è la convivenza con immigrati non integrati e abbandonati al loro destino di clandestinità, di miseria, di degrado, vittime e prede della criminalità per spaccio e varia delinquenza.
La questione è stata posta con la verve, ma anche la saggezza che lo contraddistinguono, da Orson Welles, uno dei geni indiscussi del 900 che affermava: «per i ROM (ma i migranti e tutti i diversi sono assimilabili) si può morire. Il difficile è mangiarci insieme». Noi, nei centri storici e nelle nostre enclave di benestanti, ci commuoviamo e ci indigniamo, ma a Tor Bella Monaca devono mangiarci insieme e conviverci. La questione non è quindi respingerli o accoglierli, e disinteressarcene. La questione è integrarli e farne cittadini consapevoli.
Ovviamente per chi vuole ed è disposto. In questo campo, così come in quello di creare le condizioni di sviluppo nei loro paesi perché non siano costretti a fuggirne (magari risarcendo anche i danni del colonialismo) bisognerebbe impegnare risorse considerevoli a livello mondiale, o quantomeno occidentale, e in ogni caso in Italia.
Tutte quelle, ad esempio, che si dissipano stoltamente in stupidi e criminali armamenti. Una specie di piano Marshall che però dovrà inevitabilmente incidere in profondità sui redditi dell’occidente drenando, anche e soprattutto, fondi dalle immense ricchezze private. Siamo pronti a farlo se solo ad ipotizzare patrimoniali tutti inorridiscono?