Domenica 07 Settembre 2025 | 23:21

Se le proteste ci insegnano che la pace non è un’illusione

 
Dorella Cianci

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Dorella Cianci

Se le proteste ci insegnano che la pace non è un’illusione

La pace conviene? La pace è più debole della guerra? La pace è una questione naturale? Ragioniamo su questo grazie alle sollecitazioni degli studenti universitari di tutto il mondo

Lunedì 20 Maggio 2024, 13:27

La pace conviene? La pace è più debole della guerra? La pace è una questione naturale? Ragioniamo su questo grazie alle sollecitazioni degli studenti universitari di tutto il mondo. Le facoltà di arte e di scienze della Columbia University hanno approvato, in queste ore, una mozione di sfiducia verso i vertici dell’ateneo per la gestione delle proteste a favore della Palestina e gli studenti della California sono stati sgomberati con le loro tende…

Eppure, nonostante questi provvedimenti coercitivi, l’onda studentesca non si ferma neanche in Europa e, in Italia, ben quindici università italiane, da Milano a Palermo, sono in protesta e chiedono al mondo, sotto l’amplificatore mediatico, un «cessate il fuoco per Gaza».

Il presidente Mattarella, alla Sapienza di Roma, ha detto, guardando con benevolenza l’impegno civile studentesco: «Occorre condannare ogni forma di violenza e occorre dialogare con tutti». Ha pronunciato queste parole guardando i ragazzi direttamente negli occhi, esprimendo il suo punto di vista con voce pacata, ma con intenzioni ferme. Che grande lezione per quegli studenti! E noi? Quali riflessioni, da educatori e da docenti universitari, dovremmo veder sorgere, in questo momento storico, guardando i ventenni? Ci siamo chiesti, almeno per un momento, che mondo vogliono i ragazzi? Siamo così sicuri che non stiamo imponendo loro istituzioni decrepite, che, mentre affermano di esercitare il libero pensiero, dall’altro lato propongono un mondo non solo tormentato dalla guerra, ma indifferente, per convenienza o per lassismo, alle sofferenze altrui? Certo in tanti sostengono che, nei campus universitari, la voce pro-Palestina va completamente a oscurare e ignorare le altre guerre in corso (tanto l’Ucraina, quanto il resto dei conflitti per esempio nel continente africano). È una considerazione superficiale, vera solo in parte. Basta dialogare con gli studenti per rendersi conto che, all’interno di queste manifestazioni di protesta, chiedono una realtà più sofisticata, meno banale delle logiche che sottendono la polemologia.

«Discorsi utopici», commentano tutti coloro che si sono rassegnati alle guerre, ma non è così. La richiesta dei ventenni è ben più articolata. Qualcuno ha ascoltato gli studenti di Lettere in protesta alla Sapienza? Loro citano, nei loro discorsi, grandi autori, intellettuali sui quali pretendiamo di formarli: possiamo, poi, però, ignorare il loro pensiero e le considerazioni che scaturiscono dalle nostre stesse lezioni? Francamente dovremmo lasciarci colpire e coinvolgere dai giovani studenti. Le loro azioni di protesta dovrebbero spingerci, sempre più, al ragionamento; viene così in mente lo storico e meridionalista Domenico Novacco, quando disse: «Cancellare il ricordo di Caino equivale a garantirne la scomparsa? Combattere la guerra solo con l’armamentario verbale dei pacifisti è come predicare alle nuvole di non piovere. Basta tanto? Oppure è più necessario comprendere, da veri amanti della pace, le leggi psico-sociali, che ne sono alla base?» Non è più necessario comprendere, proprio per tentare di spiegare alla società contemporanea, così entusiasmata dalla conflittualità come sinonimo di forza, come, in sostanza, la speranza della pace non sia una prassi utopica, insita in alcuni illusi, ma un modo più intelligente di stare al mondo, evitando tanto le stragi quanto le svalutazioni monetarie?

La pace non è mica da ridere! La pace non è più debole della guerra, ma non è neanche lo stato normale della società umana, bensì è uno stato raffinato, complesso, intelligente, meno conveniente a stretto giro, eppure estremamente utile e vantaggiosa sul lungo periodo. La pace non è un’illusione di pochi - ci dicono questi ragazzi - ma il costante rifiuto delle guerre sanguinose, delle guerre fredde, ma anche delle paci armate e delle folli corse agli armamenti. Ad oggi, la vera esigenza resta quella di sganciarsi dall’idea di Aristotele, secondo cui «l’unico scopo della guerra è la pace» e arrivare a una definizione autonoma di pace.

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