Sabato 06 Settembre 2025 | 19:53

Tra denatalità e «crisi dell’amore»

 
Emanuela Megli

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Emanuela Megli

Neonato

Piedini neonato

Negli ultimi dati diffusi dall’Istat sugli indicatori demografici il 29 marzo 2024, avremo 13 milioni di abitanti in meno in Italia nel periodo 2023-2080

Mercoledì 03 Aprile 2024, 14:15

Negli ultimi dati diffusi dall’Istat sugli indicatori demografici il 29 marzo 2024, avremo 13 milioni di abitanti in meno in Italia nel periodo 2023-2080 e la potenziale forza lavoro si dimezzerà, così come il contingente dei giovani ed aumenterà considerevolmente la componente anziana.

Il bilancio demografico della popolazione residente è prodotto elaborando i microdati della dinamica demografica acquisiti attraverso le notifiche inviate dai Comuni al sistema ANPR ed emerge un quadro che il presidente nazionale del Forum delle Associazioni Familiari, Bordignon, definisce «grave, anzi, gravissima la situazione italiana. È un crollo senza fine quello a cui stiamo assistendo inerti malgrado i ripetuti allarmi. Questo crollo demografico ci sta condannando ad un futuro insostenibile dove non saremo in grado di far fronte ad una spesa sanitaria crescente perché la popolazione attiva continua a calare».

Prosegue il calo delle nascite nel 2023. Secondo i dati provvisori, i nati residenti in Italia sono 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (era 6,7 per mille nel 2022). La diminuzione delle nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%). Anche il Mezzogiorno, con un tasso di fecondità più alto tra i territori (pari a 1,24), registra una flessione inferiore rispetto all’1,26 del 2022, scendendo a 25.554 bambini nati nel 2023.

Diverse sono le motivazioni, tra le quali il cambiamento dell’assetto della famiglia tradizionale, la mancanza di qualità della vita, i costi e i sacrifici troppo pesanti per mettere al mondo un figlio e crescerlo senza supporti della società e delle famiglie di origine - vero welfare italiano degli anni passati-. Ancora, tra le cause si riscontra l’infertilità dovuta all’età avanzata delle donne e degli uomini al momento delle unioni coniugali, che avvengono a seguito di condizioni stabili di carriera lavorativa. Incide anche l’assenza di condizioni di lavoro flessibili, sorrette da una cultura family friendly ancora appannaggio di pochi e, infine, la mancanza di una progettualità di vita che abbracci anche la volontà di prendersi cura di un figlio.

Quest’ultimo punto, infatti, è ciò che caratterizza un sano desiderio di generatività, ovvero quello di offrire un nido d’amore al nascituro, fatto da due adulti che insieme progettano un nucleo famigliare fondato sulla condivisione della vita per un bene comune, come la realizzazione di un progetto comune personale e sociale. I coniugi, amandosi in via preferenziale ed esclusiva, sono alleati di vita che oltre a sostenersi reciprocamente sui progetti di sviluppo individuale - proprio perché tali - possono aprirsi all’accoglienza di altre forme di generatività, genitorialità e cura. La crisi della coniugalità e della famiglia è anche una crisi del modello d’amore esistente nella coniugalità, intesa come condivisione di progettualità futura, esclusiva, fedele e indissolubile (nelle intenzioni). Tuttavia - nella sciagura di un crollo del valore e del senso dell’amare - si può aprire un varco per favorire la ri-nascita di un atteggiamento più congruente verso il senso della vita a due e verso il progetto famigliare di cui un figlio è frutto.

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