Lunedì 08 Settembre 2025 | 18:26

Le oscure scorciatoie di quella Bari in «modalità premium»

 
Lino Patruno

Reporter:

Lino Patruno

Le oscure scorciatoie di quella Bari in «modalità premium»

Un tempo il barese ricco nascondeva la sua ricchezza. Si vestiva da pezzente e raramente frequentava. Si ricordano certi facoltosi commercianti o affermati professionisti che erano praticamente invisibili

Venerdì 01 Marzo 2024, 13:29

Un tempo il barese ricco nascondeva la sua ricchezza. Si vestiva da pezzente e raramente frequentava. Si ricordano certi facoltosi commercianti o affermati professionisti che erano praticamente invisibili. Un po’ cercavano di non dare nell’occhio per non esporsi alla invidia sociale, cromosoma nel Dna della città. Un po’ perché le ricchezze di quel tempo erano molto più sudate di quanto avvenga ora. Perché ora sempre più spesso l’esibizione è tanto sfacciata e tamarra da costituire sfida sociale, altro che pudore o legittima difesa contro il malocchio dei gelosi. Esibizione fino al punto che ora la telecronaca in diretta delle vite alla cinepanettone è sui social. E non esibizione, ma sfacciata necessità (e provocazione) per contare di più secondo i contemporanei parametri del successo. E dell’etica.

L’inchiesta giudiziaria che ha smascherato una fetta di città poco da bere non ha solo messo in mostra una non trascurabile zona grigia fra legalità e illegalità. Non solo ha rivelato troppe mani indebite sulla città. Non solo ha smascherato una non meno trascurabile vicinanza fra presunta buona vita e sicura mala vita. Su tutto questo lavora la magistratura e tutti sono innocenti fino a condanna definitiva. Ma la notte degli elicotteri ronzanti e dei campanelli di casa suonati ha messo in mostra una trasformazione antropologica che era sotto gli occhi di tutti. Ma di fronte alla quale la reazione non era unica. Da un lato un perbenismo che passava oltre, forse anche disgustato. Dall’altro una voglia di imitazione nel peggio considerato il meglio, secondo gli aggiornati canoni del vivere collettivo in modalità Premium.

Così un giorno di febbraio la città ha scoperto quella sua Ferragnificazione che era (ed è) sempre più plateale. Certi ristoranti cosiddetti esclusivi, nel senso che se ne escludono i meno smargiassi e i meno cafoni (per non parlare di chi dice passo domani a pagare e non passa). Certi circoli altrettanto cosiddetti esclusivi ma non troppo escludenti quando ne sarebbe stato il caso. Le vacanze nei villaggi tanto di lusso quanto di poco irresistibile gusto. Le feste deluxe dall’eccesso tanto manifesto quanto grottesco. Gli aperitivi tanto continuativi da chiedersi se rimanesse (e rimanga) qualcosa di de-alcolizzato. E i Suv più chiassosi di Tir e le barche che neanche Briatore e i Rolex abbaglianti da cecità temporanea. E le Cortina, e i Porto Cervo, e le Capri non più e solo luoghi di villeggiatura ma armi improprie di distinzione e di vanteria non meno esclusivi ed escludenti.

Che tutto questo avvenisse (e avvenga) nell’ambito delle proprie scelte e delle proprie libertà, nulla da dire almeno finché la ricchezza non sarà proibita dalla Costituzione. Un po’ più discutibile se tale ricchezza è frutto di arricchimento più che di ricchezza. E ancora meno discutibile se tale arricchimento è tanto repentino da chiedersi come mai. Se poi scopri che è merito anche di un piede nel lecito e uno nell’illecito, insomma più oggetto di codice penale che di sociologia, allora non solo è discutibile, ma indigeribile. O almeno dovrebbe, se la società civile non si fosse fatta troppo passare davanti ciò che le era davanti. E se una sua parte da verificare non ne fosse stata più accomodante che censoria.

Il fatto è che le mafie non sono solo quelle degli ormai desueti fucili a canne mozze. Non sono solo quelle (come ora) dei colletti bianchi che si infilano nell’economia e nella politica non sempre indesiderate. Ma sono anche quelle meno evidenti ma non meno letali e contagiose degli atteggiamenti mafiosi. Quelli dei motorini a Bari Vecchia pedonale da meravigliare i turisti che se ne chiedono come mai. Sono quelli dei posteggiatori abusivi. Sono quelli delle doppie file e delle file ignorate. Sono quelli delle facce da ceffi o no che potresti incontrare nel traffico. Sono quelli delle baby gang. Sono quelli di certi inspiegabili cambi di casacca politici e di troppi improbabili presidenti alla ribalta. Sono quelli che scoraggiano chi ogni giorno li subisce e incoraggiano (purtroppo) il cinismo di chi non reagisce più e tanto meno denuncia. È questo il frutto più velenoso.

Chissà se è marcia Bari, chissà quanto lo è (o possa diventarlo) una città del resto figlia di un guappo come Murat. Questa è una città concreta fino alla brutalità e attiva fino alla frenesia. Permalosa fino alla malattia e sicura di sé fino alla mania. Presuntuosa fino alla mitomania e irriducibile fino allo stremo. Intrattabile fino al fanatismo e tagliente fino allo sfregio. Ma è anche la città il cui motore sempre acceso è un rumore di fondo che non la ha abbandonata mai. Il rumore di una vitalità sommersa ma anche di un rigore e di una dignità antica di chi ha sempre fatto il più col meno e senza show. In tanta sua contraddizione, la speranza è che ora Bari non contraddica anche sé stessa attirata da oscure scorciatoie. Sei felice (o infelice) sei a Bari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)